Santa Sofia patrimonio Unesco,
Torino riscrive il piano di gestione

Santa Sofia patrimonio Unesco, Torino riscrive il piano di gestione
di Nico De Vincentiis
Domenica 15 Dicembre 2019, 11:00
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Tra qualche anno sarà alta velocità ferroviaria, intanto però le realtà locali, aggrappate ai binari della speranza, da tempo si misurano con il tema della velocità accorgendosi che in realtà a non correre siano proprio loro e non i treni che attraversano le varie storie. È il caso di quei ritardi delle istituzioni, pendolari tra distrazioni e faticose rincorse quotidiane, a guadagnare la stazione giusta e riuscire a intercettare i convogli in transito.

Quell'alta velocità chiamata Unesco fu inaugurata nel giugno del 2011. Taglio del nastro della «stazione Santa Sofia» dichiarata patrimonio dell'umanità. Appunto, una stazione che sarebbe dovuta divenire punto di incrocio di idee, azioni concrete, movimento di persone e di cose, soprattutto opportunità di agganciare treni in corsa.

Nel caso specifico il Frecciarossa era stato costruito da «Italia Langobardorum» che mette ancora oggi insieme i comuni che costituiscono il sito seriale al quale fu attribuito il riconoscimento internazionale. Cividale, Spoleto, Brescia, stazioni affollate e che vedono sfrecciare ogni giorno occasioni di ogni tipo, vi salgono sopra, viaggiano verso obiettivi di qualità e di sviluppo. Benevento risulta partner assolutamente minore, nonostante di Longobardi per certi versi abbia una esperienza non certamente inferiore. Una tendenza che il Comune intende invertire, mettendo a regime le potenzialità esistenti e recuperando i ritardi accumulati in questi anni.

«Si è camminato un po' a tentoni e senza una pianificazione - avverte l'assessora alla Cultura, Rossella Del Prete - Lo conferma il fatto che il piano di gestione non sia stato mai aggiornato, né si sia concretamente avviata una vera politica di valorizzazione. Oggi iniziamo la revisione del piano di gestione, con il quale aggiorniamo anche la nostra collaborazione con le altre realtà del sito seriale. Speriamo di produrre un'accelerazione anche con l'aiuto del gruppo di esperti chiamati a collaborare con l'azienda specializzata, una start up del Politecnico di Torino alla quale la rete Italia Langobardorum ha affidato lo studio. Naturalmente dovremo essere noi, sul territorio, a governare questa svolta».

Il primo passaggio (non scontato) è il gruppo di ascolto costituito da sindaco e giunta comunale coinvolti nel confronto operativo, con esperti e tecnici di settore. Secondo gruppo di ascolto in prefettura, quindi con gli stakeholder, operatori culturali, imprenditori, studenti e cittadini. Il nuovo piano di gestione, che rientra in un bando prodotto secondo la legge 77, sarà formulato sulla scia della relazione prodotta dall'Ufficio Unesco del Comune e dai referenti beneventani della rete nazionale. Considerate le condizioni in cui versano almeno i luoghi dell'area Unesco (la cosiddetta buffer zone) il primo e unico piano sembra essere rimasto nel cassetto, abbiamo in vari momenti di essere privati del «marchio».

Esso prevedeva, tra le altre cose, il completamento del Museo Diocesano, il restauro e sistemazione degli affreschi della chiesa di San Marco dei Sabariani, la realizzazione della piazza tra corso Garibaldi e via Stefano Borgia, la collocazione di due punti informativi alle estremità del corso, la nuova cartellonistica, un migliore accesso per gli utenti diversamente abili ed anziani, un nuovo sito internet e la realizzazione di un «press tour». Naturalmente si tratta di progetti ancora validi ai quali se ne dovranno aggiungere certamente altri. I vari punti di quel piano erano anche stati riversati sul tavolo regionale per ottenere finanziamenti (si parlò di 2 milioni e 500mila) con le risorse previste dall'Obiettivo Operativo 1.9 «Beni e siti culturali».

Nel frattempo il grave degrado del «tesoro chiostro» e la più generale scarsa cura del decoro in centro storico (dehors e altre sciatterie) hanno creato elementi di allarme rispetto alle attese generali e al ruolo che Benevento è tenuta a difendere all'interno dell'aristocrazia storico-culturale del Paese. La stesura del nuovo piano vedrà la collaborazione con l'azienda torinese da parte di un gruppo di lavoro del quale fanno parte i funzionari dell'Ufficio Unesco del Comune, gli architetti Pasquale Palmieri e Luigi Salierno, e ai quali si aggiungeranno esperti e operatori culturali della città. «Abbiamo bisogno di riaccendere la passione per questo riconoscimento ottenuto otto anni fa - sottolinea Del Prete -. Ciò vuol dire certo un nuovo piano di gestione, ma anche una diversa valutazione delle azioni da compiere, il che tradotto in termini di economia vuole dire attrezzare un più efficace sistema di impresa culturale».
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