Come rimediare alla corruzione, storia e pessimismo su un male antico come l'uomo

Mercoledì 11 Giugno 2014, 14:35
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Non se ne può più degli strateghi dei rimedi anti-corruzione. Come se ci si trovasse di fronte ad una scienza esatta, come se fosse una questione di regole da inventarsi e non di uomini. Mettete cento, mille, infiniti Raffaele Cantone (mio buon amico degno di stima per la sua competenza e passione) a controllare, ma non riuscirete a cambiare la propensione a corrompere e a farsi corrompere propria degli uomini.

Vendersi per un pugno di lenticchie, a volte anche per più piatti, è parte della storia dell'uomo. E non è, ahimé, peccato originale solo italiano. Lucio Scipione Asiatico fu accusato di aver preteso denaro dal re siriano Antioco per concedergli migliori condizioni di pace. E Apuleio scriveva che "tutti quanti i giudici vendono per pecunia le loro sentenze".

Il papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) era noto per vendersi indulgenze e uffici. Lo bacchettò Girolamo Savonarola, che poi finì al rogo: "Chi ha denari, corra là, che vi vende ogni cosa".

Shakespeare fece della corruzione argomento principale della sua opera "Misura per misura" e del "Giulio Cesare". Nel Seicento, la Francia fu sommersa da casi di corruzione. E Rosseau sostenne che, quando non si tende all'ideale dell'educazione seguendo lo stato di natura originario, si arriva al male e alla corruzione. Quando nel 1621 Francis Bacon, lord cancelliere del Regno britannico, fu messo in stato di accusa per corruzione, si scusò delle proprie colpe, ma ricordò ai giudici che "i vizi dell'epoca andavano distinti dai vizi dell'uomo". Come a dire che le bustarelle fanno parte della natura sociale dell'uomo. E detto da uno dei padri della filosofia moderna...

A volte il fine giustificò i mezzi e un padre della patria statunitense come Abramo Lincoln, per far passare l'emendamento sull'abolizione della schiavitù, non esitò a chiedere ai suoi uomini di utilizzare tutti i metodi per acquisire i due voti mancanti all'approvazione. Compreso, naturalmente, il denaro. Nei carteggi Cavour, si leggono le corrispondenze con l'ammiraglio Persano cui venne affidato denaro, per corrompere gli ufficiali della Marina borbonica.

Erano nobili e con grandi ideali tutti i politici e gli uomini che fecero l'unità d'Italia e ne gestirono l'avvio? La retorica del erano migliori in passato dimentica la lettera che Massimo D'Azeglio scrisse alla moglie: "Se sapessi che congiura d'intriganti e imbroglioni si distende sull'Italia, ne temeresti anche tu". E poi lo scandalo della Banca romana, che sfiorò anche il re Vittorio Emanuele II, in Francia lo scandalo Dreyfus.

Sarebbe impossibile qui citare le innumerevoli vicende storicamente accertate con migliaia di nomi. Lo fece assai bene dieci anni fa Carlo Alberto Brioschi nel suo documentato saggio "Breve storia della corruzione". Tangentopoli, Lockheed, sigle e neologismi.

Si dice che, sugli appalti pubblici, pesano le regole. Ma il moltiplicarsi dei controlli allunga i tempi delle procedure e dei lavori. I commissariamenti degli enti snelliscono le carte, ma creano sospetti. I poteri commissariali e le concessioni alimentarono inchieste e fior di articoli giornalistici sulla gestione, con quegli strumenti giuridici, degli appalti sulle grandi opere della ricostruzione post-terremoto in Campania.

Se si scambia un diritto per concessione e favore, si alimenta corruzione. Un timbro, un cavillo, una firma sono pretesti e occasioni. La relazione Saredo di inizio secolo fu uno spaccato feroce sulla società napoletana inquinata da camorra e corruzione.

Ma non è questione di latitudini e le inchiesta su Expo e Mose ne sono dimostrazione. Se le occasioni fanno gli uomini ladri e la fame del superfluo rende molti permeabili alla bustarella, non so davvero quale possa essere la soluzione amministrativa. Coniugare efficienza, rapidità e legalità alle opere pubbliche è la grande scommessa. Ma sono obiettivi conciliabili?

Forse, la storia insegna, il problema è la pianta uomo e la sua gestione di potere e denaro. Non so se sono diventato troppo pessimista, ma credo che l'onestà interiore non si crei con le leggi, ma con l'educazione e un sentire interiore da etica del dovere che prescinde da controlli altrui. Come quando per strada si gettano carte a terra a due passi dal cestino: questione di educazione, etica e senso civico. Nelle piccole come nelle grandi cose.
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