L'unità d'Italia, il magistrato antimafia e le parole scomode ignorate

Giovedì 17 Luglio 2014, 18:08
3 Minuti di Lettura
Prendete un discorso lungo ed articolato, isolatene solo le parti meno scomode, cucinatelo ad uso e consumo del tema principale e del ruolo ricoperto dal relatore ed avrete offerto, come spesso accade, solo un pezzetto parziale di verità.

Accade di frequente, le sintesi e l'occhio attento alle esigenze di cassetta favoriscono certe operazioni mediatiche che, soprattutto nei convegni e nelle manifestazioni, offrono solo alcuni frammenti di quello che l'autore dell'intervento voleva comunicare.

Riflessioni ad alta voce scattate dopo l'ennesima visione, su youtube, di tre minuti del discorso di Nicola Gratteri (stimato procuratore aggiunto a Reggio Calabria), tre anni fa a Mantova. Era il famoso Festivaletteratura. Era l'11 settembre 2011, era il bel cortile mantovano di San Sebastiano. Si parlava di mafie, di 'ndrangheta, di Italia.

Gratteri era una delle persone più idonee a discutere di quegli argomenti: titolare delle principali indagini sulla 'ndrangheta negli ultimi 25 anni, sotto scorta dall'aprile del 1989, calabrese doc, è uno di quei meridionali tenaci che non le mandano a dire. Che preferiscono agire, guardare in faccia pericoli e realtà sgradevoli, difendendo il coraggio delle proprie idee.

Platea affollatissima, applausi e la Gazzetta di Mantova a titolare "Gratteri: Il Nord non sa capire le mafie. Aguzzate la vista e le scoprirete". Certo, l'infiltrazione della 'ndrangheta al Nord era argomento di attualità. Certo, il magistrato, autore con Antonio Nicaso anche di documentati saggi sulla storia della 'ndrangheta, era assai legittimato a parlare sull'argomento.

Eppure, il 2011 era anche l'anno del 150esimo anniversario dell'unità d'Italia. E Gratteri, per fortuna in un passaggio documentato in video dal solito telefonino e poi scaricato su youtube, ebbe da dire anche su questo. Fuori dai denti e contro ogni conformismo politicamente corretto. 

"Sono per l'unità d'Italia, ci mancherebbe altro", la premessa. Con una serie di "ma" successivi. Come questo: "I piemontesi hanno imposto la chiusura delle acciaierie di Mongiana, in provincia di Reggio Calabria, a favore di quelle di Brescia, in cambio della promessa della riforma agraria".

E come inizio non c'è male. Il seguito è ancora più duro: "Chi ha imposto l'unità d'Italia, che non fu discussa ma imposta, ha tradito quelle popolazioni che sono diventate sempre più povere ed emarginate". Aggiungendo: "Non sono qui a fare del vittimismo, ho letto documenti. L'unità d'Italia è stata imposta in cambio della modifica dei patti agrari. E' proliferato il brigantaggio, che è cosa diversa dalla picciotteria".

Uno come Gratteri sa entrare anche nella polemica aperta, con i pseudo conoscitori della storia delle e mafie. Con queste parole: "Dei caproni ignoranti, che non leggono e non hanno studiato, ma insegnano all'università e vanno ai convegni antimafia, non sono in grado di distinguere le origini della picciotteria dal brigantaggio".

Ma in quell'intervento c'è anche di più. Una ripresa degli argomenti che per primo scrisse nel 1972 Carlo Alianello. Ecco cosa ha detto Gratteri: "Rispetto alle violenze, gli omicidi, gli stupri fatti in Basilicata, in Calabria, in Puglia, le Fosse Ardeatine non sono nulla".

Roba pesante. Ma di quella parte dell'intervento di Gratteri nessuno riprese nulla. Ci ha pensato la Rete, che sa essere implacabile a fissare quelle parole: youtube, pagine facebook, siti di associazioni e movimenti meridionali. Un pezzetto del Gratteri pensiero, scomodo per tanti, che mi sembrava giusto riproporre qui. Anche questa è controstoria. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA