A Bolgheri in venti anni l'unico miracolo italiano, in Campania chiacchiere individualiste

Giovedì 18 Dicembre 2014, 17:39
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Ricordate la storia del miracolo italiano? Beh, effettivamente uno si è realizzato e si chiama Bolgheri dove in meno di vent’anni si è creato un territorio che da zero ha creato mille posti di lavoro nel piccolo comune di 8000 abitanti, nonni e bimbi in fasce compresi, per non parlare del comprensorio. Una zona dove in una degustazione guidata dal presidente Federico Zileri e dal direttore Riccardo Binda si incrocviavano più dialetti perché è una zona che, senza incentivi pubblici, è diventato un riferimento per gli nvestitori italiani e stranieri. Insomma, un miracvolo, non della politicam,a del vino perché la storia di Bolgheri è contemporanea, iniziata con il Sassicaia, il vino che a tutti gli effetti ha dato il via al fenomeno. Sassicaia è il padre di tutti i «bolgheresi» ed è il vino da cui si è sviluppata quella che oggi viene definita l’identità Bolgheri, una «identità» di territorio unica nel suo genere proprio per la eccellenza delle sue diverse espressioni e interpretazioni produttive. Si tratta del primo vino per il quale sono state adottate sperimentazioni incentrate sull’uso di Cabernet Sauvignon abbinato a piccole parti di Cabernet Franc, il cui exploit definitivo avvenne a Londra nel 1978 con l’annata 1972, quando per la prima volta un Cabernet italiano vinse sui grandi Bordeaux francesi, in una degustazione alla cieca. Tra il 1998 ed il 2000 a Bolgheri le vigne hanno iniziato a delineare una continuità di paesaggio, molti produttori già affermati in altre regioni viticole decisero di venire qui dove non un grande vino «tipo» e molti simili di qualità inferiore, come accade per il Barolo o il Borgogna, a Bolgheri ci sono gli storici Sassicaia, Ornellaia, Masseto, Cavaliere, Paleo, Grattamacco, Guado al Tasso insieme a nomi più giovani ma di altissimo valore, tutti vini e uvaggi diversi, strettamente legati al loro terroir, e pertanto riconoscibili in una identità comune. Un fenomeno snobbato da una certa critica talebana ma che è una delle locomotive dell’immagine italiana nel Mondo: per capirne la portata basta leggere qualche dato: se nel 2012 le bottiglie prodotte erano pari a 4.560.000, di cui 2.900.000 per il Bolgheri Rosso e 960.000 per il Bolgheri Superiore e Bolgheri Sassicaia, il 2013 si è chiuso con 1 milione di bottiglie in più prodotte, di cui 700mila vendute nei maggiori mercati esteri, posizionando Bolgheri come uno dei territori a maggiore vocazione per l'export. Il Consorzio colleziona anno dopo anno successi di vendita eccellenti nei mercati elettivi come Nord Europa, Stati Uniti, Canada, Asia tanto che parlando di consumi, poco più del 30% è consumato in Italia, il restante 70% prende la strada per l’estero.  «Fattore determinate per il successo dei bolgheresi è stata la capacità del Consorzio a cui aderiscono 38 aziende - guidato per 20 anni all’aprile scorso dal Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta - di lavorare per il futuro del settore vinicolo, inteso come realtà diffusa e non più solo concentrato al polo produttivo delle zone interne» dice Federico Zileri. Un territorio in cui le individualità hanno avuto la possibilità di esprimersi al massimo in modo corale, esattamente l’opposto di quanto accade in gran parte del Sud che segnala tra le poche eccezioni i Consorzi del Sannio e di Cosenza. Ed è questo il semplice, elementare segreto di successo di un territorio del vino degno di questo nome.
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