Il grande flop di Pizza Hut e la superiorità assoluta della pizza napoletana

Sabato 22 Novembre 2014, 14:47
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La pizza all'americana, panosa e piena di ogni ingrediente possibile e immaginabile, non piace agli arzilli vecchietti di  Sorrento.  E' l'ultima trovata commerciale di Pizza Hut, la catena di 12mila locali sparsi in cento Paesi, per rilanciarsi sul mercato dove registra serie difficoltà. "The Ooold World, il Veeechio Mondo", così la voce fuori campo introduce il video di un minuto e mezzo che parte con lo zoom di una antica cartina dell'Italia che cerca Sorrento. In quei vicoli magici inizia lo spot, con i vecchietti che scuotono la testa, si rifiutano di mangiare le pizze messe in fila davanti ai loro occhi. Poi il tocco ironico: "Sebbene pagati, a questi anziani non è piaciuta la nostra pizza". Autolesionismo? Certo che no, perché lo spot circola Nel Nuovo Mondo e si rivolge soprattutto al pubblico giovane. Insomma, quasi a dire: la nostra pizza non piace solo a quelli là che sono vecchi. La realtà ovviamente è ben diversa, perchè Pizza Hut non è mai entrata in Italia proprio grazie alla pizza napoletana che mette in difficoltà le catene di fast food d'Oltreoceano: ripieni, fritti, panini, fritattine, cuoppi, panzarotti. E questo mondo gastronomicamente impermeabile è passato all'offensiva in Italia e nel mondo dove si moltiplicano le aperture di pizzerie partenopee. Nel frattempo, invece, la multinazionale è in crisi e ha deciso  di offrire, da mercoledì scorso, un menu totalmente rinnovato con 11 nuove proposte, 10 nuovi tipi di impasto, sei nuove salse e quattro nuovi tipi di condimenti "a pioggia". Cambieranno, però, anche il logo, le uniformi e i box da asporto.  La rivoluzione arriva dopo due anni di risultati finanziari deludenti, dovuti a un calo costante delle vendite, e circa cinque anni dopo che la catena concorrente Dominòs Pizza ha totalmente cambiato i suoi prodotti, incontrando un discreto successo. Per proporre nuove pizze, i ricercatori di Pizza Hut hanno esaminato centinaia di ingredienti e di nuove combinazioni, arrivando a raddoppiare l'offerta attuale. Dal 19 novembre sarà praticamente possibile creare mille combinazioni dalla base, per noi inguardabile, della pizza ai pepperoni (che è in realtà una pizza rossa con salamella tagliata a fette). In realtà per questi scienziati pazzi del gusto omologato dove la scelta è solo una finzione, la soluzione nasce nei vicoli da Napoli, trovata oltre due secoli fa,  ed è estremamente semplice: per avere successo bastano farina, acqua, pomodoro, olio, aglio, origano e mozzarella. Da questi ingredienti di qualità, che fanno bene alla salute, si ottengono la marinara e la margherita che da sole valgono tutti i meni della multinazione. Pizza Hut non piace agli anziani di Sorrento? Non solo, siamo anzi sicuri che chiunque abbia mai mangiato una pizza napoletana non riuscirebbe mai a considerarla seriamente. Il motivo è molto semplice: nel corso dei secoli in città si è creata una manualità unica che alla fine del processo di preparazione e di cottura regala al palato qualcosa di perfettamente fuso, un gusto che nasce non dall'aggiunta del pomodoro e della mozzarella al panetto, ma dalla assoluta fusione degli ingredienti in perfetto equilibrio tra dolce e salato, acido e morbido, di consistenza perfetta. Un cibo talmente imperfetto da essere perfetto, come una bottiglia di Champagne. Questo miracolo vede ogni giorno migliaia di forni accessi e migliaia di pizzaioli al lavoro: è dalla semplicità del cibo oltre che dalla manualità che nasce la assoluta superiorità della pizza napoletana su ogni altro disco che può essere al massimo definito focaccia. In parole povere: se in bocca distinguete la parte panosa dal resto degli ingredienti non potete dire di mangiare una vera pizza napoletana. Se invece il tutto si scioglie in bocca allora ci siete e godete come ricci. Pizza Hut può studiare al computer le grammature e tutte le possibili combinazioni, ma una pizza è come una bottiglia di Champagne. Solo la manualità dell'uomo è in grado di fare la differenza. Per questo ciascuno di noi ha il suo pizzaiolo di riferimento e non lo cambierebbbe con altri. Ecco perché la peggiore delle pizze napoletane sarà sempre superiore alla migliore delle pizze sfornate in uno dei 12mila locali di questa catena omologante. Questione di ingredienti, ma soprattutto di cultura e di storia. Che non si recuperano ocn un algoritmo, almeno sino a quando il cibo sarà soprattutto piacere e condivisione.
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