Maria Pirro
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Bambini dimenticati:
perché serve una svolta

Bambini dimenticati: perché serve una svolta
Maria Pirrodi Maria Pirro
Venerdì 10 Giugno 2022, 08:49 - Ultimo agg. 08:52
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A distanza di oltre un anno dall’approvazione della mozione Infanzia in Parlamento i promotori Paolo Siani e Paolo Lattanzio puntano a realizzare un’agenzia unica che si occupi dei problemi irrisolti dei più piccoli e fanno ripartire la mobilitazione nelle comunità. I motivi per sollecitare l’intervento della politica sono riepilogati in un libro, «L'infanzia al centro della politica»: dai dati sull’abbandono scolastico all’allarme criminalità, l’approccio va cambiato.

I nodi
Un bimbo su tre a rischio povertà

Un milione e 137 mila minori vivono in povertà assoluta; solo il 13,2 per cento della fascia 0-2 frequenta un asilo nido; il 13,5 abbandona la scuola troppo presto; il 12,3 di adolescenti non ha dispositivi digitali a casa. Il 10,7 per cento è «Neet», acronimo che sta a indicare ragazzi e ragazze che non studiano e non lavorano. E ancora: stando agli ultimi dati disponibili, pre-crisi, il 48 per cento degli bimbi fra i 6 e i 17 anni non ha mai letto un libro; due su tre, più del 65 per cento, non sono mai andati a teatro. Tutto questo significa che bimbi e adolescenti in Italia hanno un tasso di esposizione al rischio di essere vittime di povertà del 30,6 per cento rispetto al 23,4 per cento della media europea. E spiega pure l’allarme criminalità: nel 2020, solo in Campania, quasi 5 mila i ragazzi fra i 12 e i 18 anni sono finiti in carcere. 

Le disparità
Asili nido e servizi insufficienti al Sud

Resta profondo il divario tra Nord e Sud per offrire un posto al nido almeno al 33 per cento dei bambini. A prescindere dal fatto che nascano ad Aosta o a Cosenza. Ma questo obiettivo, raccomandato più di dieci anni fa dall’Unione europea, è ancora lontano. Disparità emergono anche analizzando i dati sulla spesa dei comuni italiani per i servizi alla prima infanzia: per ciascun bambino 0-2 anni si va dai 2.200 euro annui della Provincia autonoma di Trento ai 90 euro della Calabria.

Soprattutto al Sud è poi carente l’accesso di tutti i bambini anche ai servizi di cura, in particolare quelli di follow-up del neonati prematuri o con patologie croniche. A dir poco insufficiente l’assistenza domiciliare per i bebè «fragili» (il 3,5 per cento).

Le possibilità
I primi mille giorni decisivi da grandi

Gli studi scientifici dimostrano che investire un euro alla nascita di un bambino produce undici euro, quando quel bimbo avrà 18 anni. E, prima interviene, in particolare modo tra gli 0 e i 5 anni, più l’investimento diventa fruttuoso. Con l’età, il rendimento decresce. Le analisi costi-benefici, mostrano come i programmi a favore delle famiglie e dei piccoli più svantaggiati hanno impatti positivi e di lunga durata: migliorano i risultati nel percorso educativo, riducono i tassi di criminalità, accrescono la produttività sul lavoro e incidono su altri aspetti, come la probabilità di divenire ragazze madri. I benefìci, dunque, superano ampiamente i costi sostenuti.

I progetti
Più fondi ai Comuni ma un’unica regia

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato incrementato di 150 milioni all’anno destinati ai Comuni in modo da potenziare centri estivi diurni, servizi socio- educativi territoriali e centri con funzione educativa e ricreativa e progetti sperimentali. Il faro negli interventi è la mozione racchiusa anche in un libro, «L’infanzia al centro della politica» (Iod edizioni) promossa dai deputati Paolo Siani e Paolo Lattanzio: 23 punti per affrontare nodi e disparità, e dare a tutti una possibilità. «Ma è necessario un approccio strategico “bambinocentrico”, una visione integrata nella tutela, possibile soltanto con un’unica regia. Creando cioè un’Agenzia dell’infanzia», insistono i due parlamentari, che hanno già depositato un disegno di legge.

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