Maria Pirro
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«Come affrontare
la dislessia»

«Come affrontare la dislessia»
di Maria Pirro
Domenica 14 Agosto 2016, 22:16 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 22:26
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Dsa è l'acronimo che indica i disturbi specifici dell’apprendimento. I principali sono i seguenti: dislessia (difficoltà nella lettura), disortografia e disgrafia (difficoltà nella scrittura) e discalculia (difficoltà nel calcolo).

«In Italia ne soffrono sempre più bambini, uno per classe, ma dai 7-8 anni si può effettuare la diagnosi e non prima», dice Luisa Russo, alla guida del centro unico aziendale per la salute mentale in età evolutiva dell'Asl Napoli 1 Centro, che aggiunge: questi disturbi, che ritardano gli apprendimenti, rilevati in studenti con un'intelligenza nella norma, non sono associati a patologie neurologiche e deficit sensoriali. «Difatti, gli interventi di sostegno possono, anzi devono avvenire a scuola», utilizzando mappe concettuali, audiolibri, strumenti di sintesi vocale e tutte quelle tecniche e i sussidi che facilitano l'acquisizione delle competenze in maniera alternativa. 

Le verifiche orali, ad esempio, sono da preferire alle prove scritte. «In questo modo gli alunni affetti da Dsa riescono ad avere pari opportunità nella maggior parte delle attività quotidiane e nelle scelte lavorative», afferma la dottoressa che, però, è preoccupata al punto da avermi inviato una lettera, chiedendo attenzione sul tema per spiegare: «Da oltre 10 anni le istituzioni regionali promettono di lavorare alla costituzione delle unità di Neuropsichiatria infantile in ogni Asl campana. Nell'attesa di misure concrete, ai pochi specialisti nel servizio pubblico non resta che prescrivere le terapie che vengono effettuate, quasi esclusivamente, nei centri privati convenzionati, a differenza di quanto accade nelle altre regioni». 

Ma non solo: «Con le nuove linee guida regionali sui Dsa, di aprile 2016, anche gli interventi per sostenere gli allievi con tali difficoltà scolastiche vengono affidati di fatto a tali strutture, una scelta più unica che rara in Italia visto che la legge nazionale di riferimento, la 170/2010, non parla mai riabilitazione all'esterno della scuola». Tant'è, argomenta Russo, che con fondi del ministero dell'istruzione sono stati creati i Cts, Centri territoriali di supporto per gli ausili tecnologi e la disabilità nelle medie e alle superiori. Tre si trovano a Napoli: alla Silio Italico, nell'istituto Sannino-Petruccione e alla Tito Livio. «Qui, gli operatori provvedono alla formazione degli insegnanti sui Dsa, oltre ad avere uno sportello di consulenza gratuito». 



​Spostando e affidando ad altri le attività, «il rischio è quello di medicalizzare problematiche emergenti (ogni anno sempre in aumento) nell'ambito scolastico. Non sarebbe, dunque, più giusto inserire qualsiasi tipo di ulteriore aiuto in classe? Perché non prevedere che nella scuola operi, accanto ai docenti, personale specializzato che possa seguire l'allievo e, nel contempo, istruire i professori sul da farsi? Oppure in Campania, in futuro non lontano, per imparare a leggere e a scrivere i bambini andranno tutti nei centri di riabilitazione?», avverte Russo (nella foto in alto), che ha scritto una lettera anche al commissario governativo della sanità in Campania, Joseph Polimeri, ponendo gli interrogativi al momento senza risposta. 

Ps. «Già oggi tanti, troppi bambini con psicopatologie gravi vengono prelevati dai genitori durante l'orario delle lezioni per la riabilitazione nei centri sanitari convenzionati, rinunciando ad altre attività educative, altrettanto se non più importanti, con i coetanei», fa notare la neuropsichiatra a margine del suo intervento, ma questa è un'altra questione aperta. Di settembre.
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