Maria Pirro
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Infermieri aggrediti
al Cardarelli

Infermieri aggrediti al Cardarelli
di Maria Pirro
Mercoledì 16 Novembre 2016, 10:45 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 22:10
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Un infermiere preso a calci, un altro aggredito verbalmente da un ammalato già da qualche giorno ricoverato in uno dei reparti considerati tra i più «tranquilli» al Cardarelli di Napoli, dove ieri sono sopraggiunti i carabinieri. E non è tutto.

«Ho avuto un attacco di panico, quando ho visto il mio collega a terra, finito nel mirino senza motivo. Non vorrei che questo episodio restasse nel silenzio, anche perché non è il primo e, purtroppo, temo possa non essere l'ultimo», si sfoga la caposala L.C., che insieme al referto e alla denuncia ha inviato una lunga lettera alla direzione sanitaria. 

Il personale ha paura di tornare al lavoro. «Oggi non vado in ospedale perché non me la sento, in queste condizioni, senza tutele. E anche i due colleghi stanno male e non vogliono riprendere i turni perché l'episodio di violenza potrebbe ripetersi. Inoltre, l'infermiere picchiato ha un problema renale, presumibilmente proprio a causa delle percosse ricevute: è stato, infatti, colpito, con forza e più volte, con calci e pugni, all'addome e in testa», aggiunge L.C. 

«Questo è solo l'ultimo caso di violenza», interviene il sindacalista Uil Salvatore Siesto. «Un altro collega è stato percosso, ad esempio, non appena è stato trasferito nel dipartimento di emergenza accettazione. Un altro, ancora, è finito addirittura in rianimazione: steso letteralmente da un maestro di karate, un episodio, tra i più gravi, avvenuto qualche anno fa».

Il problema, purtroppo, non nasce oggi. Risale esattamente a  10 anni fa l'indagine sulla violenza realizzata dall'Ordine dei medici di Napoli. Allora 640 professionisti dichiararono di aver subito aggressioni e intimidazioni sul posto di lavoro: il 9 per cento degli intervistati in una sola occasione, il 91 per cento più volte.In particolare, il 13 per cento del campione segnalò intimidazioni a mano armata, il 55 per cento minacce verbali, il 20 per cento d’aver assistito impotente ad atti vandalici. L'indagine si svolse su base volontaria, con un campione non omogeneo e parziale e coinvolse il 12 per cento dei camici bianchi iscritti all'organismo di categoria che raccolse l’invito a rispondere al questionario diffuso tramite il proprio bollettino mensile. Ma, già allora, i risultati furono indicativi di «uno stato di allerta generale», sottolineò Silvestro Scotti, nel 2006 consigliere e oggi presidente dell'Ordine di Napoli. Nella mappa della paura, tracciata dagli operatori, erano anche indicate le zone considerate più a rischio: Pozzuoli, Giugliano, Pomigliano d’Arco e Nola, passando per Pollena Trocchia e per altri comuni dell'hinterland, dove un chirurgo su tre del campione aveva anche chiesto il trasferimento come reazione alle ripetute minacce e soprusi. Nell’area vesuviana e in costiera sorrentina si registrava, inoltre, il maggior numero di «denunce inefficaci», tra il 12 e il 14 per cento dei casi segnalati alle autorità competenti.

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