La sorella del boss Zagaria scarcerata:
torna a Casapesenna dopo cinque anni

La sorella del boss Zagaria scarcerata: torna a Casapesenna dopo cinque anni
di Marilù Musto
Lunedì 19 Ottobre 2020, 08:19 - Ultimo agg. 11:48
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Cinque anni sono lunghi per chi è chiuso in carcere. E il carcere è un mondo immobile che esiste solo per chi è condannato a viverci. Il mondo di Casapesenna, invece, in cinque anni, è cambiato, rinnovato. E in questa Casapesenna stravolta, irriconoscibile, è tornata Elvira Zagaria, la sorella del capoclan Michele che venerdì ha ottenuto la liberazione anticipata. Condannata a sette anni di reclusione, è uscita dalla sua cella dopo cinque. Adesso è di nuovo libera.

E pensare che, per lei, la condanna definitiva in Cassazione era arrivata solo nel settembre scorso, nello stesso giorno in cui il tribunale di Brescia aveva deciso il ritorno in carcere per Pasquale Zagaria, l'altro fratello, l'imprenditore della famiglia con «impegni» di lavoro a Parma e altrove.

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Elvira, coinvolta nell'inchiesta scandalo sulla sanità casertana, fa parte di un'altra storia, radicata a Caserta. E nell'agro aversano. Difesa dall'avvocato Andrea Imperato, Elvira Zagaria è stata accompagnata nel suo appartamento da una nipote.

Ma per arrivare alla condanna del procedimento in cui era imputata, la magistratura ha dovuto sudare. Due gli annullamenti con rinvio. Il processo è quello che ha portato al commissariamento dell'azienda ospedaliera «Sant'Anna e San Sebastiano» di Caserta, unica azienda ospedaliera in Italia a subire un procedimento del genere per ingerenze del clan dei Casalesi. Franco Zagaria, marito di Elvira, avrebbe avuto contatto con alcuni vertici dell'ospedale per giostrare appalti. È morto prima di poterlo raccontare. O negare. Per Elvira, il reato contestato è quello di associazione per delinquere di stampo mafioso.

La Cassazione ha però a sorpresa annullato il provvedimento di confisca dei beni. La sentenza di terzo grado ha però confermato il quadro accusatorio tratteggiato dalla Dda di Napoli sette anni fa, quando è iniziata la ricerca delle prove.

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L'inchiesta fu coordinata dalla Dda di Napoli e delegata alla Dia. Nel gennaio del 2015 ventiquattro persone finirono in carcere e tra loro figuravano manager e dipendenti pubblici, nonché imprenditori. Secondo la Dda, e secondo ben tre sentenze, a questo punto, le infiltrazioni si realizzarono prima sotto la regia del cognato (poi deceduto) del boss Zagaria, Franco Zagaria, marito di Elvira, poi attraverso la donna. La longa manus di Zagaria operava direttamente dall'ufficio del dirigente dell'unità operativa complessa di Ingegneria ospedaliera, Bartolomeo Festa, in carica dal 2006 per volere, secondo i giudici, dello stesso Zagaria. Fu dopo quella nomina che, secondo i giudici, il cognato del capoclan assunse, fino alla sua morte, il controllo delle assegnazione dei lavori pubblici nell'ospedale, creando di fatto una sorta di «holding» di imprese in odore di camorra.

E poco prima che mettesse i piedi fuori dal carcere Elvira Zagaria, è stato liberato un altro esponente di un gruppo minore del clan in lotta con i Bidognetti. Si tratta di Vincenzo Ucciero, fratello di Massimo «capa spaccata».

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