San Leucio, la ricerca ritrovata dopo 50 anni

Lo studioso americano Plunz negli anni settanta condusse uno studio sul borgo

San Leucio, la ricerca ritrovata dopo 50 anni
San Leucio, la ricerca ritrovata dopo 50 anni
di Antonio Pastore
Giovedì 26 Ottobre 2023, 09:56
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Cinquant'anni e sembra scritto ieri. D'altra parte il prof americano che domani ritorna nell'Eden Leuciano ripropone le domande con cui terminava lo studio sul campo, nel 1973: «Che cos'è questo luogo?», in che modo i risultati di un'indagine possono concorrere alla sua conservazione e al suo futuro? Perché il lavoro, portato a termine dal giovanissimo docente della Pennsylvanie State University insieme ad un gruppo dei suoi studenti, ha a che fare sì con la storia ma molto di più con «lo stato attuale di quella storia» indagata con un approccio antropologico mediante la documentazione minuziosa dell'ambiente edificato.

«Nella mia lunga prassi accademica niente ha superato questa esperienza» conclude Richard Plunz nella prefazione all'edizione in italiano dell'opera "San Leucio, vitalità d'una tradizione, traditions in transition", summa dei documenti, dei grafici, dei testi, delle foto e dei disegni esposti a fine percorso nel borgo in occasione dei 200 anni di Ferdinandopoli e finora noti solo negli Usa.

Intorno a questa tardiva riparazione ruota il convegno al Belvedere promosso dalla Soprintendenza, dall'Università della Campania e dal Comune di Caserta, a cui interverrà lo stesso Plunz, con due studenti che dal 1971 presero parte alla ricerca (con altri sette collegati da remoto).
Ci saranno tanti leuciani, gli stessi che aprendo le loro case con amicizia e generosità agli studenti americani, resero possibile quello studio, come ricorda Lorenzo Riviello, uno dei protagonisti di quella stagione, nella sua introduzione. L'operazione editoriale è stata condotta da Frammenti, di cui è responsabile Giuseppe Venditto.

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«Sono stati recuperati, custoditi all'Archivio di Stato, dentro un sacchetto, quattro fascicoli separati, ognuno - spiega - con la propria copertina e una propria numerazione, e due fogli ripiegati in ottavo contenenti rilievi e cartografie di San Leucio».

La stampa non è stata priva di difficoltà. «Abbiamo riprodotto con fedeltà l'originale, con le copertine di allora accompagnando il testo in parallelo con le sue illustrazioni e le sue note».

Nella traduzione, che si articola in centottanta pagine, è stato impiegato il corpo nove, un po' più grande di quello scelto da Plunz nel 1973 (corpo sette), che comunque mantiene la caratteristica di scrittura minuta ed essenziale.
Il centro dell'esperimento, scriveva Plunz nella "Proposta di pubblicazione" messa a punto già nel 1972, è la comunità leuciana e il suo rapporto con l'ambiente. Nel dattiloscritto ingiallito e tuttora inedito si parla della possibilità che tale carattere identitario possa scomparire nell'immediato futuro.

Le forze avverse sono il «deperimento fisico naturale», l'«urbanizzazione proveniente da Caserta», le «nuove e inevitabili strutture economiche che corrodono i tradizionali sistemi artigianali», oltre all'esodo dei giovani.
«Il nostro studio non intende essere definitivo o completo, quanto il tentativo di aprire nella storia di San Leucio alcuni sentieri inesplorati», chiarisce l'incipit del primo fascicolo ("Una beve storia dell'ambiente"), anche se subito dopo si precisa che la documentazione contenuta in questa monografia rappresenta il primo studio dettagliato e completo, dopo quello redatto durante il regno di Francesco I, intorno al 1830. La short history parte dai tempi antichi in cui «le lande di San Leucio erano coperte di querce», e arriva fino al Novecento. Plunz non crede in un futuro legato alla mera conservazione: San Leucio e il Vallone «esistono come ambiente in cui si vive, con una continuità di uso sociale più importante e più bella di qualsiasi cosa inanimata essi contengono».

Il secondo fascicolo riporta un lavoro dettagliatissimo sul Vallone, un focus degli edifici sorti tra il 1773 e il 1815, e poi l'elenco delle 172 famiglie insediate nel borgo, unito a tutti i cognomi in uso, e a una rigorosa indagine sulla popolazione. A seguire, nel terzo fascicolo ("Un codice costruttivo per i quartieri di abitazione") ci sono l'edificazione dei quartieri e le loro trasformazioni, partendo da San Carlo e San Ferdinando, progettati da Collecini e costruiti tra il 1786 e il 1787 e che insieme a Trattoria sono gli unici realizzati come parte della città radiale a larga scala che doveva essere Ferdinandopoli.
La trattazione di Plunz termina con la quarta sezione ("Provocazioni per progettazioni") che apre uno squarcio sulla possibilità di ispirarsi oggi ai moduli abitativi operai del Settecento, e di limitare la zona di sviluppo urbano all'asse San Leucio-Briano-Sala alleggerendo la pressione sul verde. Del Belvedere, allora in completa decadenza, si pone già il problema del "riutilizzo" dopo il restauro. Il libro si chiude con i disegni dei bambini, con i loro sogni e con i loro sguardi disincantati sul presente.
 

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