Caserta, Fase 2: locali, estetiste
e coiffeur apertura tra le incertezze

Caserta, Fase 2: locali, estetiste e coiffeur apertura tra le incertezze
di Daniela Volpecina
Mercoledì 13 Maggio 2020, 08:26
4 Minuti di Lettura

Ristoranti, bar, parrucchieri, centri estetici si preparano a riaprire lunedì 18 maggio. Anche a Caserta. L'ufficialità è attesa nelle prossime ore ma l'accordo tra Governo e Regione è stato già raggiunto. I più ansiosi di ripartire sembrano essere proprio gli acconciatori e i barbieri circa 2.300 in tutto il territorio provinciale che da settimane avevano ingaggiato una battaglia mediatica fatta anche di flash mob, dirette social e comunicati stampa per anticipare di due settimane la ripresa delle attività che in un primo momento era stata annunciata per il primo giugno.

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Il tam tam è partito attraverso i cellulari nella tarda mattinata di ieri e a ora di pranzo qualche parrucchiere aveva già ricevuto duecento richieste di prenotazione. «Siamo in attesa di conoscere le linee guida alle quali dovremo attenerci spiega Vincenzo Frasca, responsabile della federazione dei parrucchieri di Confartigianato nel frattempo ci stiamo organizzando e attrezzando per riaprire in tutta sicurezza». Non solo guanti, visiere, mascherine, calzari e dispenser igienizzanti dunque, la categoria dovrà provvedere anche alla sanificazione dei locali e degli arnesi di lavoro.
I COSTI
«Ripartire costerà a ciascuno di noi almeno settemila euro fa notare Frasca, titolare di un salone in via Marchesiello al Parco Cerasola basti pensare che solo per il robot per la sanificazione delle spazzole ho sborsato oltre duemila euro. Una spesa notevole se si considerano lo stop forzato di due mesi e mezzo e le perdite di fatturato. Si stima che nel 2020 incasseremo il 45 per cento in meno rispetto al 2019». E poi c'è l'incognita legata al personale e alle distanze di sicurezza da misurare in relazione alle dimensioni del locale. «Prima dell'emergenza accoglievo in media cento clienti a settimana, con i nuovi dispositivi e la possibilità di ricevere solo su appuntamento non potrò accogliere più di quaranta persone distribuite su sei giorni lavorativi. Ciò significa che anche i dipendenti dovranno alternarsi, fin quando sarà possibile mantenerli. Se il lavoro si riduce del 50%, saremo costretti a licenziare la metà del personale».
Un rischio che potrebbe concretizzarsi a partire dal primo settembre e potrebbe investire il 35% dei lavoratori impiegati nel settore. «Un pericolo che va assolutamente scongiurato è il monito che arriva da Luca Pietroluongo, segretario generale di Confartigianato Campania attraverso un lavoro di squadra che coinvolga tutti, istituzioni e associazioni di categoria. Se scompaiono gli artigiani, le botteghe e i negozi di vicinato, assisteremo a un disastro sociale. Alcune amministrazioni comunali si sono mostrate disponibili a sospendere alcuni tributi e ridurne altri almeno fino al 31 dicembre. L'auspicio è che, attraverso l'intermediazione dell'Anci, aderiscano alla nostra proposta tutti e 104 i Comuni della provincia. Sarebbe un primo e importante passo nei confronti della categoria».
LO SCETTICISMO
Preoccupazione e scetticismo anche tra i ristoratori. Il 30% probabilmente non riaprirà e un altro 20% teme di non riuscire a sopravvivere alle rigide misure imposte dal Governo. «Ci viene chiesto di adottare una distanza di quattro metri tra un tavolo e l'altro spiega Giuseppe Russo, responsabile Fipe Campania (Federazione italiana pubblici esercizi) e delegato Confcommercio Caserta ma questo significa perdere il 50% dei coperti. In più i clienti dello stesso tavolo, per sedersi uno accanto all'altro, dovranno esibire la certificazione che attesti che vivono nella stessa casa. A tutto ciò poi occorre aggiungere l'obbligo di prenotazione, le mascherine per tutti, il termoscanner, le sanificazioni continue e nuove assunzioni per garantire il controllo di ogni singolo spazio (la sala, i bagni ed eventuali aree all'aperto). Tutto ciò a fronte di una riduzione degli incassi che oscillerà, si stima, tra il 50 e il 60%. Ci sembra molto complicato e poco incoraggiante. A questo punto sarebbe stato meglio riaprire il primo giugno».
Critico anche il presidente provinciale di Confesercenti, Salvatore Petrella: «Le misure annunciate non promettono affatto bene. Riaprire a queste condizioni rappresenta un serio rischio per molte attività. Si prevede il fondo perduto in proporzione alla differenza di fatturato rispetto al solo mese di aprile 2019 nonostante la chiusura sia stata in media di circa settanta giorni, mentre ci risulta che ad oggi sia stato erogato soltanto il 18% delle richieste di cassa integrazione. Il sospetto è che il Governo non abbia compreso la gravità della situazione economica in cui versa l'intero comparto produttivo».
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