Crac Alcatel, niente soldi per ente e operai

Il tribunale di Milano: "Non ci sono soldi per incentivi all'esodo, Tfr e imposte"

Crac Alcatel, niente soldi per ente e operai
Crac Alcatel, niente soldi per ente e operai
di Giuseppe Miretto
Mercoledì 21 Febbraio 2024, 08:52
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È diventato realtà il peggiore degli scenari possibili. Crac finanziario dell'ex Alcatel: tutti restano a mani vuote. Gli ex dipendenti non avranno il pagamento degli incentivi all'esodo e il Tfr. È uno choc anche per il Comune: incassa zero euro del credito (quasi un milione e 900 mila euro) di tasse non pagate. «Abbiamo comunicato al commissario liquidatore annuncia il sindaco Andrea De Filippo di bloccare tutte le procedure in corso e conseguenti all'alienazione immobiliare. C'è una anomalia procedurale che scarica sulle casse pubbliche l'inadempienza finanziaria e sui lavoratori gli eccessivi ribassi d'asta».

Ma, prima di avanzare una richiesta di "liquidazione giudiziale" e contestare la condizione di insolvenza, l'ente ha invitato il Tribunale di Milano di onorare i debiti con gli ex dipendenti. Ma i numeri non lasciano speranze: dopo 12 anni di aste al ribasso, il sito produttivo (oltre 49mila metri quadrati, composto da capannoni, palazzine uffici, piazzali e persino di un campo di calcio interno) è stato aggiudicato per una cifra irrisoria di circa un milione e 250mila euro (pari ad un decimo del valore iniziale). Non ci sono quindi risorse per soddisfare le insolvenze creditizie. «Dalle comunicazioni del commissario giudiziale Rampini (gestore per conto della Mf Componenti Immobiliare e quindi della sezione fallimentare del Tribunale di Milano) spiega l'avvocato Luigi Russo che tutela gli ex dipendenti sono emersi crediti prededucibili da saldare prima».

Si tratta delle somme spettanti ai professionisti, aggravate dalle spese per la gestione del sito in questi lunghi 11 anni, che erodono gran parte della liquidità disponibile. «Numeri alla mano conclude Russo si è configurata la condizione di non solvibilità verso i lavoratori». Quasi certamente, saranno persi gli incentivi all'esodo, siglati con i sindacati confederali. E solo il fondo di garanzia Inps permetterà di recuperare parte del Tfr. «Cifre alla mano conclude il sindaco si configura l'ennesimo bagno di sangue sociale.

Pagano ancora i lavoratori. Paga, ancora e sempre, il territorio sia per la dismissione di un settore produttivo (che negli anni '80 del secolo scorso dava lavoro ad oltre duemila persone) e sia con la sottrazione di tributi comunali. Censito il danno, ci ribelliamo alla beffa finale».

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Chiuse le procedure di vendita, scendono in campo gli avvocati. La storia infinita del "Macrico maddalonese" si arricchisce di tre nuove vertenze. «La questione precisa il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici Nicola Corbo è affidata alla gestione dell'ufficio legale e tributi. È stata chiesta la sospensione delle procedure di vendita. In aggiunta, sussistono dei problemi catastali: nell'ex sito produttivo sono stati rubati due capannoni in ferro. Infine, sussistono pure problemi di sicurezza e igienico-sanitari». E, infine, c'è anche un contenzioso pendente innanzi al Tar: il liquidatore giudiziale Pietro Paolo Rampino ha chiesto la sospensione del nuovo Puc che cancella la destinazione industriale dell'ex fabbrica. «L'area dismessa precisa De Filippo non può più essere dedicata ad attività produttive ma solo a zona residenziale e di pubblica utilità in linea con i dettami urbanistici regionali».
 

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