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Il Mattino

Penalizzato l'ecosistema:
grave la desertificazione

di Domenico Zampelli
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 27 Luglio 2022, 08:26 - Ultimo agg. : 11:15
4 Minuti di Lettura

Non è una questione di contrapposizione fra terra e cemento. Dietro il processo di consumo del suolo c'è molto di più: in primis danni all'agricoltura ed all'ecosistema. Le conseguenze ambientali sono note: armi spuntate contro desertificazione, siccità e dissesto idrogeologico, città meno sicure e meno resilienti, perdita di produttività agricola e di carbonio organico nello strato superficiale del suolo, cancellazione di habitat naturali, mancata ricarica delle falde acquifere, erosione e frammentazione del territorio. A Caserta ancora di più. E vediamo perché.

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Sostituendo il terreno naturale con il cemento le città diventano così sempre più calde (nel Rapporto Ispra sul consumo del suolo c'è un capitolo dedicato alle «isole di calore» urbane), sacrificando superfici di fondamentale importanza per assicurare l'adattamento ai cambiamenti climatici in atto. È un po' come se ad un organismo vivente venisse impedito di sudare. E di queste superfici a Caserta c'è più bisogno che altrove in Campania. Questo lo apprendiamo da uno studio del Cnr, che ha analizzato l'indice delle precipitazioni a livello regionale sul primo trimestre 2022, sul semestre sempre di quest'anno e nel raffronto con lo scorso anno. I risultati sono estremamente significativi: se infatti lo scorso anno i dati pluviometrici rimandavano una situazione sostanzialmente nella norma, quest'anno la situazione è cambiata, specie in provincia di Caserta. Nell'ultimo trimestre Caserta ricade, unica provincia della Campania, in una situazione che spazia dalla siccità moderata a quella severa. Questo cosa significa? Che ogni goccia d'acqua che viene giù dal cielo rappresenta oro per l'ecosistema, che però dovrebbe essere messo in gradi di recepire e tesaurizzare al massimo questa preziosa risorsa. Cosa che non avviene quando sostituiamo il terreno con il cemento. 

Le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito l'infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, da un lato non sono più disponibili per la ricarica delle falde e dall'altra aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Criticità che Caserta conosce fin troppo bene. Un doppio danno, quindi.

Il rapporto Ispra parla di 4.149 tonnellate di produzione agricola persa nel periodo 2012-2021 a causa del passaggio dai terreni naturali a quelli artificiali. Un dato tremendo anche e soprattutto alla luce dell'evoluzione dei prezzi nel settore. Ed in Campania la situazione è andata progressivamente aggravandosi: tra il 2006 ed il 2012 la perdita si era attestata a 250mila quintali, ottavo peggiore risultato in Italia, mentre negli ultimi dieci anni la quota di produzione è calata di 400mila quintali, ed in questo caso si tratta del quarto risultato peggiore a livello nazionale. 

Video

Una serie di spunti, e anche di allarmi se vogliamo, di cui però da queste parti si è fatto pessimo uso. Ce ne possiamo rendere conto leggendo l'EcoAtl@nte dell'Ispra, che contiene mappe, dati e trend dal 2006 al 2021. Il danno grosso da queste parti è stato fatto proprio negli anni subito dopo il 2000, quando sono stati mangiati 843 ettari di territorio naturale. Un dato superiore anche alla provincia di Napoli, battuto solo dal salernitano con la cifra monstre di 1200 ettari. La situazione non è cambiata nemmeno dopo il 2012: nell'arco di tempo fino al 2015 se ne sono andati via ulteriori 356 ettari di territorio, il peggiore risultato in Campania. Tre anni di relativa tranquillità, poi, con dati che oscillavano intorno ai 100 ettari di terreno perso ogni anno, in linea peraltro con l'evoluzione registrata a livello regionale. Nel 2019, poi, la provincia di Caserta subisce uno scatto in avanti, sfiorando i 130 ettari di terreno sacrificato, ed anche in questo caso si tratta dell'estensione più alta a livello regionale. Poi arriva la pandemia, che non arresta ma rallenta notevolmente il consumo del suolo: il dato del 2020 è infatti quasi dimezzato, con 79 ettari trasformati e a fare peggio è solo la provincia di Salerno. Ma si tratta, purtroppo, solo di una pausa. Nel 2021 siamo tornati a 124 ettari di terreno trasformato, a fare peggio questa volta è stata solo la provincia di Napoli con 204 ettari. Speriamo, il prossimo anno, di leggere altri numeri, ma con le opere del Pnrr in ballo sarà difficile. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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