Sentiero della fede presto come nuovo torna la via Crucis

Si ripete il rito iniziato nel medioevo

Sentiero della fede presto come nuovo torna la via Crucis
di Giuseppe Miretto
Giovedì 16 Marzo 2023, 08:47
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Rinasce la via Crucis medioevale. Oltre 15 anni di attesa, progetti e polemiche sono bastati: con il placet della Soprintendenza, sarà restaurato, recuperato e riqualificato "Il sentiero della fede di San Michele Arcangelo e Santa Maria del Monte" che dall'alto medioevo conduceva i pellegrini su un eremo che ha fortemente caratterizzato la religiosità popolare della diocesi di Caserta e non solo. L'affidamento dell'appalto e l'avvio dei lavori sono giunti al traguardo poche settimane prima della Pasqua.

Utilizzando i fondi del Por Fesr Campania 2014-2020, nell'ambito degli interventi finalizzati alla riqualificazione ai fini del recupero e/o alla messa in sicurezza dei santuari della Campania, con poco più di 150mila euro sarà ripristinato il tracciato panoramico dell'antica via Crucis, che lambisce il castello e conduce alla sommità di monte San Michele. È un tracciato costellato da piazzali per la preghiera ma è anche sentiero per il trekking panoramico. È una rinascita perché il tracciato ha assunto una assoluta rilevanza nazionale. Infatti, a partire da 23 maggio del '93, si celebra un pellegrinaggio perenne, in notturna, in memoria della visita di Giovanni Paolo II a Caserta. Negli anni, con l'appoggio della curia vescovile, su impulso di monsignor Raffaele Nogaro, il santuario è cresciuto.

Il sentiero restaurato porta alla «Grande chiesa all'aperto» che è ormai un luogo di preghiera perenne, di raccolta comunitaria e di aggregazione dei fedeli provenienti da tutta la regione. «Quello che un tempo spiega il rettore don Angelo Delli Paoli era un luogo ameno e di svago è divento il Santuario del Papa che accoglie i pellegrini, che ogni domenica si ritrovano, provenienti da ogni angolo della regione, sulla vetta della collina maddalonese, ai piedi della grande statua in bronzo della Madonna, benedetta personalmente da Karol Woytila».

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Il restauro ha una doppia valenza: conservativa e di riscoperta. È l'atto finale della trasformazione di un antico «santuario del culto micaelico longobardo», ormai decadente che sopravviveva solo in estemporanee manifestazioni folcloristiche, in «luogo diocesano rinato per la promozione della fede e a tutela dell'ambiente». Il restauro, infatti, ha anche una ricaduta apertamente ambientalista: dopo la dismissione di tutte le attività estrattive, a partire dalla confinante ex-cava, oggi della Colacem, è partita proprio dalla nuova area di «raccolta dei pellegrini, che ogni domenica arrivano da ogni angolo della regione sulla vetta della collina maddalonese, per celebrare un'intera giornata comunitaria», una operazione di rimboschimento e recupero delle aree verdi.

Per un sentiero storico che torna a vivere se ne chiude un altro. È vietato entrare, avvicinarsi e passeggiare lungo i sentieri collinari che conducono nell'area fortificata del castello, della torre Artus e del castello longobardo. Con una ordinanza sindacale, mai revocata, sono stati interdetti e sbarrati tutti i vachi che conducono in prossimità dei monumenti vincolati ma a rischio crollo. C'è di più: dopo l'intervento della Procura (atti firmati dal magistrato Marina Mannu) e l'ordinanza del sindaco, per «fermare le frane da crollo, la pioggia di pietre sull'area abitata e il cedimento della cinta muraria del castello», è partita la chiusura sistematica di tutti i sentieri collinari esistenti di accesso e di tutte le aree demaniali che conducono da secoli all'area sottoposta a vincolo.
Il Comune ha disposto, a più riprese, l'installazione di sbarre e reti di protezione. Non solo divieti. La Soprintendenza ha disposto una serie di prescrizioni, per i proprietari dei monumenti, finalizzati alla cancellazione dei rischi per la pubblica e privata incolumità ma ha avviato anche un percorso virtuoso: chiesti fondi ministeriali per evitare il collasso della Torre Artus.
 

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