Sequestro al boss, un flop due ville restituite ai Setola

La decisione doveva essere presa da Napoli e non da Santa Maria Capua Vetere

Sequestro al boss, un flop due ville restituite ai Setola
Sequestro al boss, un flop due ville restituite ai Setola
di Viviana Lanza
Giovedì 8 Febbraio 2024, 07:46
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Le ville vanno restituite alla famiglia del boss, perché il sequestro attuato a novembre scorso è stato ritenuto inefficace. Gli immobili di cui si parla sono due ampie residenze situate a Casal di Principe, recintate da alti muri in cemento e arredate con marmi e laccature in oro, camini e vasche idromassaggio. Il boss in questione è Giuseppe Setola, un tempo esponente di primo piano della mala casertana e riconosciuto colpevole di decine di omicidi, inclusa la strage dei ghanesi avvenuta il 18 settembre 2008 a Castel Volturno. Considerato il capo dell'ala stragista dei Casalesi e detenuto da anni, Setola è attualmente recluso in regime di 41bis nel carcere di Milano con ergastoli da scontare e nelle due ville a Casal di Principe vivono tuttora sua figlia e i suoi suoceri.

«Deve in primo luogo dichiararsi la sopravvenuta inefficacia del provvedimento di sequestro adottato il 6 novembre 2023 dalla Corte d'Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Inoltre, considerando che la richiesta di confisca dei medesimi beni è stata formulata da oggetto non legittimità a proporla, e quindi in difetto delle condizioni di legge, deve dichiarasene la inammissibilità». È così che il giudice dell'esecuzione del tribunale di Napoli, Gianluigi Visco, conclude il provvedimento con il quale formalmente vengono riconsegnate ai familiari di Setola le due ville nel cuore di Casal di Principe che secondo gli inquirenti sarebbero state uno dei simboli della potenza criminale dell'ex capo stragista dei Casalesi.

Questioni procedurali alla base della decisione.

Per ricostruire i fatti bisogna fare un passo indietro. Le ville erano state sequestrate a novembre scorso dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta per effetto di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca emesso in seguito a una sentenza, divenuta definitiva nel 2021, con cui la Corte d'Assise sammaritana condannava Setola a 28 anni di reclusione per il duplice omicidio di Nicola Baldascino e Antonio Pompa, un delitto avvenuto nel 1997 nell'ambito di una faida interna al clan dei Casalesi. Dopo quel verdetto, in fase di esecuzione la Procura di Santa Maria Capua Vetere aveva chiesto la confisca dei beni di Setola, facendo leva anche su alcune dichiarazioni rese dal boss durante la sua breve parentesi di collaborazione.

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Secondo gli inquirenti, le due ville a Casal di Principe sarebbero state realizzate con soldi frutto di estorsioni e attività illecite e in parte nemmeno accatastate e pertanto, al termine di complesse indagini patrimoniali coordinate dal procuratore aggiunto Antonio D'Amato, si giunse al decreto di sequestro preventivo. Le indagini avevano anche rivelato che Setola e i suoceri non avrebbero avuto alcuna capacità reddituale, dal momento che il primo non aveva mai dichiarato redditi da lavoro e i secondi avevano dichiarato una rendita dovuta alla pensione ma non tale, secondo l'accusa, da giustificare una residenza tanto sfarzosa. Quanto ai terreni su cui erano state edificate le due ville, risultavano acquistati nel 1997, proprio l'anno del duplice omicidio Baldascino-Pompa nel cui contesto investigativo si erano inserite le indagini patrimoniali da cui è scaturito in tempi più recenti il sequestro.

Dinanzi alla Corte d'Assise prima e al giudice dell'esecuzione poi, gli avvocati di Giuseppe Setola e dei suoi familiari (i penalisti Paolo Di Furia e Mario Griffo) hanno impugnato il provvedimento di sequestro delle due ville e sollevato questioni di incompetenza territoriale e funzionale, ottenendo dapprima la trasmissione degli atti dalla Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere al giudice di Napoli e poi contestando l'efficacia del provvedimento di sequestro in sé, facendo notare che la normativa attuale attribuisce la competenza al tribunale che per ultimo ha pronunciato sentenza definitiva di condanna e dunque la sentenza da prendere in considerazione per radicare la competenza sul sequestro e la confisca, secondo i legali, non doveva essere quella emessa dalla Corte d'Assise sammaritana sul duplice omicidi e divenuta irrevocabile nel 2021, ma un verdetto del gup di Napoli emesso nel maggio 2022 per altri fatti. Sulla base di questi presupposti, poi, per la difesa la richiesta di sequestro avrebbe dovuto essere formulata dalla Dda ma i termini di legge (in questo caso venti giorni dal provvedimento con cui la Corte d'assise aveva dichiarato la sua incompetenza) risultano ormai decorsi. Di qui l'inefficacia del sequestro.
 

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