Ministero delle Finanze e Ministero della Giustizia indagati nella vicenda del sequestro del complesso conventuale del Carmine di Aversa? Potrebbero essere questi gli sviluppi dell'inchiesta coordinata dalla procura della Repubblica del tribunale di Napoli nord in relazione all'articolo 518 del codice penale che prevede il reato di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici.
Del resto, c'è un precedente della procura di Santa Maria Capua Vetere per una vicenda analoga.
Proprio per porre fine allo sfacelo, un gruppo di volontari, che già ha al proprio attivo la riapertura di un'altra chiesa danneggiata dal sisma dell'80, quella di San Domenico, da qualche settimana aveva ripulito da macerie e da quintali di guano la chiesa del Carmine con l'intento, dichiarato sui social, di porre un freno al degrado, nella speranza che gli enti proprietari si attivassero, poi, per il definitivo recupero. Ma nel bel mezzo, una task force composta dai carabinieri della compagnia di Aversa, coordinati dal colonnello Ivano Bigica, dai vigili del fuoco del locale distaccamento e da tecnici della Soprintendenza ai beni culturali di Caserta, hanno sottoposto a sequestro, dopo un sopralluogo, l'intero complesso perché ritenuto pericolante, transennando anche l'area circostante. L'operazione è stata coordinata dalla procura di Napoli Nord alla quale era stata diretta una denuncia.
All'interno della chiesa i carabinieri hanno trovato il materiale da costruzione e le attrezzature che i volontari stavano usando per ripulire la struttura. La chiesa è di proprietà del Demanio (Ministero Finanze), mentre il convento è stato ceduto da Finanze a Giustizia (sempre in ambito demaniale) perché interessato da un progetto dell'allora ministro Bonafede, che non è mai partito, per metterlo al servizio del tribunale.
In città si è aperto il dibattito tra quanti stigmatizzano (pochi) l'operato dei volontari che avrebbero agito senza alcuna autorizzazione e chi critica l'intervento della magistratura e delle forze dell'ordine, proprio quando i volontari si stavano dando da fare per il recupero, alla luce del sole, lanciando anche appelli sui social per ricevere materiale da utilizzare nei lavori. Il tutto senza alcun tornaconto, così come era già stato quando avevano riaperto la chiesa di San Domenico, oggi tornata all'utilizzo da parte dei fedeli con la celebrazione della messa settimanale e la presenza di una congrega religiosa. Ora, paradossalmente, sono i soli a rischiare per la loro intraprendenza civica.