11enne africano a scuola col coltello,
la preside: «Assediata dai razzisti»

11enne africano a scuola col coltello, la preside: «Assediata dai razzisti»
di Mary Liguori
Mercoledì 9 Maggio 2018, 09:15 - Ultimo agg. 09:47
4 Minuti di Lettura
«Siamo vittime dei pregiudizi. Pregiudizi nei confronti degli stranieri, dei disabili, di chi ha meno possibilità economiche. Addirittura di chi non può vestire capi firmati. Mi rivolgerò ai parroci della città: ci vuole l'aiuto di tutti. La situazione ci sta sfuggendo di mano».

Sgrana gli occhi mentre ripercorre gli ultimi mesi al «Mazzini» la preside Antonia Mazzarella. Nella scuola da quarantadue anni, di certo ne ha viste di tutti i colori, ma la deriva razzista di certi genitori che sta vivendo negli ultimi mesi l'istituto comprensivo di San Nicola la Strada sta stupendo anche lei.
 

Signora preside, partiamo dal principio. Cos'è successo due giorni fa a scuola?
«Un ragazzino senegalese di seconda media è venuto a scuola con un temperino nello zaino. Due suoi compagni se ne sono accorti e lo hanno riferito all'insegnante di francese che si trovava in classe in quel momento. La docente mi ha avvisato e abbiamo chiamato i genitori. La madre e il patrigno sono subito arrivati a scuola, hanno sgridato il ragazzo e abbiamo consegnato loro il temperino. A quel punto ho riunito il consiglio d'istituto per esaminare il caso».

Il ragazzo ha minacciato i compagni?
«Assolutamente no. Non dice una parola di italiano, tant'è che tocca il braccio agli interlocutori quando vuole chiedere qualcosa. I ragazzi hanno solo visto il coltellino nello zaino, qualcuno di loro ha avvisato dell'episodio i genitori. E infatti prima delle fine delle lezioni due mamme si sono precipitate qui a scuola. Mi hanno chiesto di espellere l'alunno. Lo stesso hanno fatto altre tre mamme che si sono presentate nel pomeriggio. Ma la scuola si autoregola: è inclusione, non esclusione. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo riunito il consiglio ed è stata applicata la punizione prevista dal regolamento, vale a dire una sospensione di quindici giorni».

L'ira delle mamme si è placata?
«Assolutamente no. Stamattina (ieri per chi legge, ndr) scuola è arrivata una lettera via fax con l'intestazione del Miur firmata da un dirigente dell'Ufficio 3°. In allegato una circolare sul trattamento delle tematiche di disabilità e immigrazione. Ho immediatamente contattato l'ufficio in questione. E ho scoperto che quella lettera il Miur non l'ha mai inviata».
 
Un falso, dunque?
«Esattamente. Ho denunciato tutto ai carabinieri».

Chi può essere l'autore di una simile iniziativa?
«Non ne ho idea».

Qualcuno che vuole farle pressione?
«Non so, ma nel pomeriggio abbiamo anche ricevuto una lettera da un avvocato che chiede l'accesso agli atti e al registro elettronico, per presunte note cancellate inerenti l'episodio al quale, l'avvocato che scrive per conto del genitore di un alunno della classe in cui si è verificato il fatto, parla dello stesso come di un evento criminoso e si riferisce a note che avremmo cancellato in merito alla mattinata di lunedì. Insomma, una ricostruzione fantasiosa, del tutto inventata di quanto è realmente successo».

Una lettera che forse mira a indurla a cacciare l'alunno protagonista dell'episodio?
«Può darsi, ma lo ribadisco: la scuola ha delle regole e le facciamo rispettare che siano gli alunni italiani o stranieri. Peraltro non è la prima volta che ci ritroviamo in situazioni di questo tipo».

A cosa si riferisce?
«Qualche settimana fa la madre di un alunno disabile ha accusato uno studente di colore di avere dato della droga a suo figlio. Il ragazzino aveva avuto un malore, è stato portato in ospedale. Poi c'è stata la denuncia. La guardia di finanza ha scoperto che la donna in questione aveva mentito e che le sostanze presenti nel sangue, come emerso dalle analisi, erano dovute ai medicinali che vengono regolarmente somministrate all'alunno dal suo medico. Precedentemente, i genitori degli alunni di una classe in cui c'è una ragazzina di origini africane hanno intimato ai loro figli di non prestare penne e matite alla loro compagna di colore».

Lei non parla di razzismo, eppure questi episodi trasudano intolleranza.
«Non posso negarlo, ma adesso bisogna tirare il freno. Intendo coinvolgere nel discorso i genitori e i parroci. Per fortuna, ad oggi, la maggior parte degli alunni accoglie tutti i compagni senza alcuna discriminazione. Gli stessi ragazzi sono stati protagonisti di un progetto per imparare il Braille perché hanno un compagno cieco. Dobbiamo partire dai ragazzi per insegnare la tolleranza ai genitori».
© RIPRODUZIONE RISERVATA