Vanessa trovata morta a 23 anni,
indagati il pusher e uno slavo: ipotesi droga

Vanessa trovata morta a 23 anni, indagati il pusher e uno slavo: ipotesi droga
di Mary Liguori
Martedì 25 Gennaio 2022, 22:59 - Ultimo agg. 26 Gennaio, 17:03
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Ventiquattro ore di buio. Di silenzio. Di totale disconnessione dalla realtà. Con le menti annebbiate dalla droga, è una ipotesi, tanto da non vedere che la ragazza sul divano di casa era morta, non dormiva. Ventiquattro ore sulle quali la Procura di Vicenza deve far luce per stabilire se ci siano delle responsabilità per la morte di Vanessa Bruno, la ventitreenne italo brasiliana con origini casertane trovata morta l’8 gennaio in un appartamento delle case popolari di Vicenza. Aspirante modella, appassionata di musica trap, compare in qualche video musicale su Spotify oltre che su un profilo Instagram che risponde a un nome d’arte. Vanessa, bella e ribelle, viveva in centro a Vicenza, ma era spesso a Milano. Aspirava a una carriera nel mondo dello spettacolo. E aveva conquistato un suo giro di contatti, ma anche di amicizie di un certo tipo. «Amicizie da evitare», come ha detto sua madre a Il Giornale di Vicenza che, per primo, ha riportato la notizia della morte della giovane quando l’indagine era già in corso da venti giorni nel totale silenzio degli inquirenti.

Il sostituto procuratore Alessandra Block aveva infatti già disposto il sequestro della salma di Vanessa e ordinato autopsia e test tossicologici. Ma aveva anche chiesto l’acquisizione dei tabulati per risalire alla telefonata che, nel pomeriggio dell’8 gennaio, dava l’allarme delle case popolari di via Astichello. E si è così risaliti a Rashiti Besnik, uno slavo di trentadue anni ignoto agli archivi di polizia italiani. Dal suo cellulare è partita la telefonata al 118, e non da quello del padrone di casa, inquilino della casa popolare in cui Vanessa è morta, Roberto Ferronati, un piccolo spacciatore che in quei giorni pare non avesse il suo cellulare, precedentemente sequestrato dalla polizia. I due sono indagati a piede libero. L’ipotesi di reato è tra quelle più ostiche da provare in tribunale: la morte a seguito di altro reato.

Quale? È chiaro che la Procura ipotizza l’utilizzo di droghe tra le cause del decesso della giovanissima Vanessa che, a dire dei genitori, non aveva problemi di salute, ma è rimasta uccisa da un arresto cardiaco. Che forse è stato provocato dall’assunzione di stupefacenti. E c’è da stabilire se Vanessa l’abbia presa da sé, quella droga, o l’abbiano costretta; in quest’ultimo caso, si profilerebbe un’accusa di omicidio. Ma qualsiasi ipotesi è prematuro alla luce degli scarsi elementi di cui gli inquirenti dispongono al momento. Se la Procura indaga i due uomini che per ultimi hanno visto viva la ragazza è per garantire loro il diritto alla difesa; se ci fossero stati altri elementi sarebbero scattate delle misure cautelari. 

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Tra gli aspetti più inquietanti della vicenda c’è il tempo che sarebbe trascorso tra il decesso della ragazza e il momento in cui è stato dato l’allarme. Ventiquattro ore? È un’ipotesi che anche il procuratore di Vicenza non esclude. La giovane sarebbe arrivata in casa di Ferronati nella serata del 7 gennaio; l’ambulanza è stata chiamata intorno alle 18 del giorno dopo e dall’esame cadaverico esterno si è ipotizzato che fosse già morta da molte ore. E Ferronati, unico presente in casa all’arrivo dei soccorsi, ha dichiarato di non essersi accorto che la ragazza stava male. «Pensavo dormisse sul divano», le sue parole. Di qua l’ipotesi che tra il 7 e l’8 gennaio in quella casa si sia consumata tanta droga e che ad assumerla non sia stata solo Vanessa ma anche il padrone di casa e l’altro uomo che era con loro e che aveva accompagnato Vanessa il giorno prima quando, sempre a dire dello spacciatore, «chiese di dormire da me». Eppure, quando dopo il ritrovamento del cadavere in via Astichello è arrivata anche la polizia - le indagini sono affidate alla squadra mobile di Vicenza - in casa di Ferronati non è stata trovata traccia di droga. Che l’appartamento sia stato «ripulito» durante quelle ore di black out che la Procura cerca di ricostruire? È solo un’altra ipotesi, l’ennesima in una storia che, finché non saranno resi pubblici gli esiti degli esami tossicologici, resta un giallo. 

Intanto la famiglia della giovane Vanessa si è chiusa nel silenzio. Sia la madre, Salma, che il papà, Giuseppe Bruno, che vive ad Alife, in provincia di Caserta, dopo le prime dichiarazioni alla stampa hanno deciso di non rilasciare altre interviste. La settimana scorsa la famiglia di Vanessa si è riunita prima a Vicenza per l’ultimo saluto e poi ad Alvignano, dove la famiglia Bruno ha voluto ricordare la ragazza con una messa di suffragio proprio nella parrocchia in cui era stata battezzata. Poliziotto in pensione, il papà di Vanessa ha chiesto «Giustizia» attraverso Il Mattino proprio nel giorno delle esequie chiarendo che «se ci sono responsabili per la morte di Vanessa abbiamo il diritto di sapere la verità». 

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