De Silva e le «minime» di Malinconico: «L'amore? Scambio di colpe»

De Silva e le «minime» di Malinconico: «L'amore? Scambio di colpe»
di Ugo Cundari
Martedì 14 Settembre 2021, 07:41
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Prendete un avvocato napoletano, divorziato, professionalmente e umanamente precario, super-rimuginatore. Lasciategli dire tutto quello che gli passa per la testa, con ironia e disincanto, e avrete Le minime di Malinconico (Einaudi, pagine 96, euro 13) di Diego De Silva. Donne e amore, non poteva essere altrimenti, sono i temi più toccati dalle 340 stoccate. Dopo cinque romanzi come protagonista, da Non avevo capito niente (2014) a I valori che contano (2020), e in attesa della fiction con Massimiliano Gallo a dargli corpo e voce, stavolta Malinconico si improvvisa consigliere sentimentale e distilla massime pungenti, tristanzuole, filosofiche, pretenziose, sarcastiche come: «L'amore è uno scambio di colpe», «non è vero che quando sei innamorato il mondo ti sembra più bello. È solo che lo tratti dall'alto in basso», «all'amore, io, non ho mai chiesto di salvarmi la vita. Mi bastava che ci fosse, anche quando era sgangherato e ridicolo non l'ho mai lasciato andare». La migliore? A ognuna la sua, magari: «L'amore, spesso e malvolentieri, è una resa consapevole alla logica alterata di un altro. Più esattamente un compromesso estorto, ecco».

Ma il nostro avvocato che titolo ha per dispensare consigli non richiesti a uomini in crisi? «Forte di una esperienza di dura sofferenza di cuore e di vita, Malinconico ha tutto il diritto di mettere in guardia i suoi lettori dalle conseguenze potenzialmente annientatrici dell'amore», dice De Silva, autore tra l'altro di un romanzo come Divorziare con stile, quindi l'esperienza non manca né allo scrittore né al personaggio. Dopo l'amore, per lo più infelice, le pillole di saggezza affrontano la separazione, «parola che ha un'inspiegabile forza trascinante, una specie di trazione anteriore linguistica: appena la pronunci cominci a separarti, anche se non sembra». Esempio: «Sono sempre più convinto che la nostra sia una generazione di disadattati sentimentali. Siamo fatti per la separazione, più che per il matrimonio. I migliori di noi hanno patteggiato sulla felicità», oppure: «La gente si separa per sbrinare i conflitti molto più spesso di quanto si pensi. Perché a un certo punto bisogna pur farla finita con le guerre fredde. Bisogna far succedere qualcosa, finalmente».
Si rimugina anche sul sesso, che «al contrario della vita, comporta sempre un elevato grado di consapevolezza, finché dura», non sempre eroico, sveltine comprese, dopo le quali «non è che cambia chissà quanto, le persone tendono sempre a somigliare a se stesse, ma vanno soggette a delle micro-trasformazioni percepibili in modo sfuggevole che sanno un po' di apparizioni».

La migliore? A ognuno la sua, magari: «Diventiamo tutti un po' nudisti, a copula conclusa».

Al fondo c'è la sensazione che sia verità suprema, anche per De Silva, quello che andava ripetendo Massimo Troisi, che un uomo e una donna non sono fatti per vivere insieme. Troppo diversi, troppo lontani per natura, con lui che finge di non essere quello che è, e lei che si aspetta in ogni situazione il principe azzurro. Sulla lapide di questa convinzione si potrebbe scolpire il pensiero di Malinconico sulla faccenda: «Se al primo appuntamento ti sei sforzato di apparire come uno per cui le tagliatelle non sono importanti, dopo sarà imbarazzante mostrare i tuoi veri sentimenti per le tagliatelle; e lei quando ti vedrà azzannarle nella cucina di casa vostra (magari direttamente dalla pentola), ti rimprovererà di non essere l'uomo che credeva».
 

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