Igor Trocchia e i suoi «Eroi»:
«Ringrazio la mia cazzima napoletana»

Igor Trocchia e i suoi «Eroi»: «Ringrazio la mia cazzima napoletana»
di Bruno Majorano
Lunedì 29 Marzo 2021, 19:20
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Cosa hanno in comune una friggitoria, un allenatore di ragazzini e un calcio al razzismo? Un nome e un cognome: Igor Trocchia. Da Napoli - quartiere Ponticelli - si è trasferito con la famglia a Bergamo quando aveva appena 12 anni e da quel giorno ha deciso di voler seguire la sua passione: allenare i ragazzini. Ce l'ha fatta, ma è riuscito anche in un'altra impresa: diventare Cavaliere della Repubblica per aver ritirato la propria squadra da un torneo dopo che uno dei suoi ragazzi era stato vittima di razzismo. La storia di Igor Trocchia è diventata un romanzo, «Semplicemente eroi» (di Igor De Amici's e Paola Luciani per Einaudi ragazzi, 119 pagine, 10 euro) nel quale l'unico nome originale è quello dell'allenatore. «Poi ho scelto di dare tutti nomi inventati per non creare problemi ai ragazzi». Spiega. 

Non è certamente un romanzo giallo, perché tutti sanno come è andata. «Ma come la vera scoperta è come è andata la storia. Perché quando faccio il percorso di autovalutazione  dei ragazzi, il livello emozionale di ognuno di loro si esalta. Lì aiuto a pensare e a vivere la vita in maniera diversa. Secondo me è merito di questo percorso che mi hanno saputo dire “Sì andiamocene” quel giorno.

Erano abituati ad ascoltare le emozioni». Insomma, il viaggio prima ancora della meta. «È un libro emozionante e pieno di messaggi. Anche io sono stato discriminato alla loro età e ho fatto diventare questa mia angoscia, la mia forza interiore. Secondo me era tutto scritto. Ho sempre pensato di potermi prendere una rivincita. E quale miglior cosa di fare un atto così singolare. Era una cosa che sentivo andasse fatta». Igor Trocchia si racconta e lo fa senza alcun timore. «Nel libro ci sono tanti messaggi positivi: amicizia, affetto e quel modo di vedere la vita con buonismo. Io non sono cresciuto così. Quando giocavo avevo la cazzimma di Gattuso, anche se ero un attaccante e quella cazzimma mi è rimasta dentro. Non l’ho mai persa. Diventare Cavaliere della Repubblica è stata una soddisfazione doppia: perché sono cresciuto con le classiche furbizie di chi gioca per strada, e alla fine sono diventato un educatore. Dal rigore rubato alla la piccola provocazione all’avversario sono passato al trasmettere valori sani ai miei ragazzi».

Oggi allena un'altra squadra, e soprattutto continua a lavorare nella sua friggitoria nei mercati. «Per fortuna posso farlo anche in zona rossa. Il pollo allo spiedo è la mia specialità», ma sempre dopo il buonsenso e il rispetto per il prossimo.

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