Mariana Enriquez e I pericoli di fumare a letto: ecco perché in Sudamerica la letteratura sa ancora volare

Da Mario Bellatin a César Aira, il successo degli scrittori latinoamericani

Mariana Enriquez
Mariana Enriquez
di Giuseppe Montesano
Domenica 5 Novembre 2023, 08:00 - Ultimo agg. 6 Novembre, 06:33
4 Minuti di Lettura

Donne, donne, donne che scrivono, che scrivono bene e scrivono in spagnolo dall'America del Sud, da questa Europa oltremare che non sappiamo riconoscere davvero come nostra, e che invece è molto più vicina a noi di quanto crediamo, e proprio a noi italiani. Da questa ibrida, meticcia, complessa, tormentata, diversificata e soprattutto autonoma prosecuzione dell'Europa letteraria, arriva l'argentina Mariana Enriquez con un libro che si intitola I pericoli di fumare a letto, tradotto molto bene da Fabio Cremonesi e pubblicato dalla Marsilio, che aveva già pubblicato La nostra parte di notte e Le cose che abbiamo perso nel fuoco.

E che cosa dire di questo libro letto nel corso di una giornata trascorsa nelle sue pagine a fantasticare e a inquietarsi? Si tratta di racconti, e tra un racconto e l'altro si dovrebbe far passare molto tempo, ma con la Enriquez non è facile: vuoi leggere ancora e ancora perché ogni storia è separata dall'altra ma un'atmosfera comune le lega tra loro, crea echi e rimandi, apre botole e finestre, mescola ironia e terrore, e parla della nostra contemporaneità tumefatta.

La Enriquez ha alle spalle giganti come Poe o Cortàzar, e interpreti del contemporaneo come Stephen King, ma fa con loro ciò che per secoli e millenni hanno fatto gli scrittori con maestri e antenati, e che ormai non fanno quasi più: prova a trasformare la tradizione.

In questo I pericoli di fumare a letto c'è un racconto lungo che si intitola Ragazzi che ritornano, dove il punto di partenza è un ufficio in cui sono raccolti i dati di ragazzi e bambini scomparsi per vari motivi, un ufficio che si trova sotto un'autostrada a Buenos Aires.

Qui ogni dettaglio, strade, abitudini, cibo, gesti, linguaggio, è quotidiano e preciso, realistico e contemporaneo: ma per minimi clic e slittamenti cresce una sorta di allucinazione, qualcosa che deve essere per forza un'allucinazione, ma che leggiamo come se un vento di notte scoperchiasse le nostre case e i nostri cervelli e ci facesse scendere sotto la superficie dell'inquietante realtà.

E questo accade con pochissimi tratteggi, avviene attraverso gli inesauribili mezzi della letteratura: come in un racconto brevissimo, che sembrerebbe un bozzetto e non lo è e si intitola Rambla triste, dove una turista, all'improvviso, sente mancarle il terreno sotto i piedi e percepisce l'orrore nella normale vita quotidiana.

Non si può togliere al lettore il godimento inquietante di scoprire da solo i colpi di scena, ma sappia che non sono eclatanti, sono insinuanti: la loro eco dentro di noi perdura, si metamorfosa, non finisce di colpo come nelle sveltine narrative spacciate per libri.

E quindi leggere I pericoli di fumare a letto e gli altri libri della Enriquez vale la pena, perché ci si ritrova il senso del rischio di camminare tra il caso e l'avventura tipici dello scrivere che entra nella vita e non il tran-tran rassicurante dell'intrattenimento: ci si ritrova il senso di smarrimento delle coordinate che all'improvviso ci rivela allo sguardo una più profonda realtà. 

E al lettore, guardando i tanti libri vivi di racconti delle scrittrici e degli scrittori latinoamericani tra la fine degli anni Novanta a oggi, e i romanzi vivi di 80 pagine del folle Mario Bellatin o di 130 dell'inimitabile César Aira o di 600 del fantasmagorico Rodrigo Frèsan, con la loro libertà di usare letterariamente il fantastico nel quotidiano, e con l'immaginazione a governare i migliori tra loro, insomma al lettore viene da chiedersi: perché non abbiamo questa libertà oggi in Italia? 

Perché là autori diversissimi tra loro dove nessuno è uguale a nessuno ma tutti hanno alle spalle i Maestri degli ultimi due secoli, autori di libri imperfetti ma vitali e liberi nelle forme del raccontare: e perché qui una desolante somiglianza di forme come se un immenso censore nascosto agisse sulla maggioranza degli scrittori di ogni età e sesso, un auto-censore che abbellisce le ferite e le rende estetizzanti, e rende perfettino e inutile ciò che sarebbe forse più fertile se fosse «scorretto» e non modellato su ciò che secondo gli editor e gli editori «dovrebbe» piacere al pubblico.

La risposta è semplice, almeno in apparenza: là la letteratura è ancora la letteratura, qui la letteratura è «quasi» una parolaccia per critici e editori e mediatici, e quindi, ormai, anche per i lettori. Che fare? Ma di questo, e delle «escritoras» e degli «escritores», si riparlerà: per ora il consiglio è non perdetevi il piacere dei libri di Mariana Enriquez. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA