Maurizio De Giovanni e L'equazione del cuore: lo scrittore per una volta lascia Napoli e i gialli

Maurizio De Giovanni e L'equazione del cuore: lo scrittore per una volta lascia Napoli e i gialli
di Ida Palisi
Giovedì 3 Febbraio 2022, 12:02 - Ultimo agg. 12:04
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«Io sono Petrini Francesco di anni nove, signor pescatore. Detto Checco». Dieci anni dopo Il Metodo del Coccodrillo che gli valse il Premio Scerbanenco e preannunciò la serie dei Bastardi di Pizzofalcone con una virata dal giallo storico a quello nero contemporaneo, Maurizio de Giovanni fa una nuova scommessa narrativa. Abbandona per un attimo la serialità e tutte le sue comfort zone di scrittore noir per mettere un vecchio e un bambino (ma Guccini non c'entra) a confronto e raccontarci una storia diversa. Il nuovo romanzo, L'equazione del cuore (Mondadori, pagine 252, euro 19), è un dialogo a due tra un professore di matematica in pensione rifugiato in uno spicchio di Procida, e il nipote che lo osserva in silenzio pescare e si presenta a lui con le sue generalità, per farsi notare.
Il nonno è un misantropo, il bambino è quasi un estraneo, e l'isola è solo il contesto narrativo (iniziale) più adatto per rappresentare la solitudine di un uomo che rinuncia alla socialità dopo la morte della moglie. «Massimo De Gaudio preferiva l'inverno. Non ci sarebbe stato niente di strano, ma il professore, come gli abitanti di Solchiaro lo chiamavano quando, abbassando la voce, parlavano di lui, aveva scelto di vivere in un'isola e in quell'isola ci stava di gran lunga meglio nei mesi freddi, quando la tramontana teneva lontano i chiassosi bagnanti, quando i rifiuti non traboccavano dai cassonetti, quando il greve profumo di pesce a buon mercato cotto all'aperto non appestava l'aria e quando il sonno non era compromesso da un'incomprensibile musica sparata ad altissimo volume. Solchiaro stessa, d'altronde, era un'isola nell'isola». 

Poi però accade qualcosa, un incidente in cui viene coinvolta la figlia Cristina con il marito, e il professore, taciturno, schivo, perso nel suo mondo di formule e di corrispondenze, è costretto a trasferirsi al Nord, in una non meglio precisata città della ricca provincia padana, che potrebbe essere ovunque, in Emilia, come in Lombardia come nel basso Veneto, dove trova solo ghiaccio e neve. È l'unico parente rimasto al piccolo Checco, in coma.

Mentre la cittadina con i suoi personaggi più in vista si agita, perché tutto sembra essere connesso alle fortune della ricca famiglia del genero, il «nonno» è costretto a rimandare la partenza per cercare di capire cosa sia accaduto veramente e per stare vicino al piccolo. 

Tra squallidi parvenu, ciniche signore, fascinosi ed equivoci operatori sociali, e Alba, la babysitter del bambino che sembra l'unica al mondo ad averlo a cuore, Massimo si trova ad assistere Checco e a parlargli dell'armonia dei numeri, nella speranza di farlo risvegliare. È così che inizia a spiegargli la più bella equazione della meccanica quantistica, quella che nel 1933 valse il premio Nobel al fisico britannico Paul Dirac (e che da lui prende il nome): «Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma diventano un unico sistema». «Ne sono venuto a conoscenza oltre dieci anni fa», spiega de Giovanni, «mentre facevo ricerche per uno dei miei romanzi di Ricciardi. È da allora che ho in mente il personaggio del professore e una storia basata sull'idea che una cosa come la fisica quantistica, che siamo abituati a immaginare come fredda, possa dare un'interpretazione filosofica della vita e dei sentimenti». 

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Rinunciando alla città del cuore (e aveva giurato che non lo avrebbe mai fatto), al crimine efferato e alla coralità del racconto che caratterizza tutte le sue serie, dal commissario Ricciardi fino all'ex agente segreto Sara di cui uscirà a maggio il nuovo libro Maurizio de Giovanni, classe 1958 e oggi lo scrittore più prolifico d'Italia, sembra sentirsi sempre più vicino ai poli opposti nel segmento della vita: a chi ha tutto ancora da percorrere e chi non ha più voglia di camminare. Con una scrittura diversa per lessico e sentimento ma con la stessa efficacia dei suoi romanzi più riusciti, rivela lo spaesamento di fronte alla perdita delle certezze e, grazie alla sua capacità di entrare nelle piccole cose, riesce a rappresentare una solitudine che da individuale si fa sociale, da umana diventa quasi endemica. I suoi protagonisti sono assenti gli uni per gli altri, però «profondamente connessi, e rigorosamente interdipendenti» secondo l'equazione di Dirac. Raccontare l'assenza, per uno scrittore abituato alle presenze di vivi o morti che siano poteva essere un azzardo. Ma già c'è l'interesse a farne un film. 

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