«La monaca di Napoli una protofemminista»

Il nuovo romanzo di Brunella Schisa su Enrichetta Caracciolo

Enrichetta Caracciolo
Enrichetta Caracciolo
di Titti Marrone
Domenica 3 Marzo 2024, 09:03
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Enrichetta Caracciolo è un personaggio formidabile, protagonista di una pagina poco conosciuta del Risorgimento italiano visto da Napoli. Balza fuori dalle pagine di un libro dalla scrittura avvincente, capace di svelare un microcosmo terribile dove il patriarcato spadroneggia più che altrove, saldandosi ai pregiudizi sociali ottocenteschi e alle costrizioni religiose.

C'è tutto questo e altro ancora nel nuovo romanzo di Brunella Schisa, Il velo strappato Tormenti di una monaca napoletana (HarperCollins, pagg. 346, euro 19,50) in uscita martedì prossimo. Il piccolo mondo oppressivo qui narrato, perfetto per un adattamento filmico o da fiction, è quello delle monache di clausura del convento di San Gregorio Armeno ed è animato dalle medesime passioni che palpitano fuori dalle sue mura. Qui competizione, gelosia, invidia, aggressività, sete di potere e altre forme di perfidia s'incarnano in una serie di personaggi minori che irrompono nella storia come lampi fulminei.
Ma la star assoluta è Enrichetta Caracciolo, diciannovenne irrequieta in una famiglia della nobiltà napoletana dalle risorse economiche non sufficienti a fornire di dote le numerose figlie.

Per questo, e per il carattere indipendente di Enrichetta, la scelta di monacarne una, consuetudine abituale nel XIX secolo, cade su di lei.

La storia dei suoi vent'anni in clausura e dei reiterati tentativi di fuggirne viene qui inserita in una rigorosa cornice dei fatti avvenuti a Napoli tra il 1833 e l'unità d'Italia. E annovera l'adesione di Enrichetta al clima e allo spirito dei moti risorgimentali animati dai patrioti napoletani, nei quali la «monaca per forza» riesce a riversare la sua aspirazione alla libertà.

«Enrichetta Caracciolo è senza dubbio una femminista ante litteram», dice Brunella Schisa, «capace di strappare il velo che l'avvolge come una cappa opprimente. Mi stupisco di come la sua figura non sia molto conosciuta né sia stata valorizzata alla stregua di quella di una Luigia Sanfelice. Eppure riesce a dare vita a una sua rivoluzione dall'interno del convento, lottando contro il monolite della Chiesa cattolica fino ad ammalarsi».

Come è arrivata a questo personaggio?
«Veniva nominata spesso in famiglia, da mia nonna, ma non perché fosse un'antenata: mi si diceva di non fare come Enrichetta quando si voleva sottolineare la mia scarsa inclinazione a seguire le regole di casa. Così è entrata a far parte del mio lessico famigliare. In un certo senso quindi è stata Enrichetta a venire da me. Per darle voce, mi sono messa a cercare sue tracce ovunque fosse possibile, faticando più che per ogni altro mio romanzo. Poi ho fatto lo sforzo di mettermi nella sua testa per capire quello che aveva vissuto. All'epoca, le donne anche nobili erano prive di cultura e notizie sul mondo, totalmente alla mercé di convenzionalismi e regole sociali. Enrichetta anche in convento si coltivava, leggeva e scriveva. La sua storia la raccontò lei stessa in Misteri del chiostro napoletano, uscito nel 1864, diventato un best seller e tradotto in francese, spagnolo, inglese, tedesco, greco, russo e ungherese».

«Il velo strappato» è un romanzo storico, come altri quattro suoi precedenti, e il gran lavoro di ricerca compiuto è evidente. Minuziosa ad esempio è la ricostruzione dei vari passaggi della monacatura, di ambienti, relazioni nel convento benedettino, partecipazione anche popolare a riti di cui parlavano i giornali dell'epoca. Quale percentuale c'è di realtà e invenzione?
«Direi 40% d'invenzione e 60% di realtà. Mi è venuta in soccorso anche la mia lunga esperienza giornalistica, la passione per i fatti e i dettagli. La vestizione descritta, per esempio, è assolutamente autentica, così come l'ascesa della Scala Santa e altri rituali. Quando lavoro a un romanzo storico mi documento sempre più che posso: fin dai tempi dell'università sono una specie di sgobbona felice quando può stare sui libri. Qui, poi, sapendo poco o nulla sulla vita ecclesiastica, l'ho fatto più che mai. Per raccontare la ferocia dei Borbone, la povertà di spirito nei conventi, la miseria e i contrasti sociali mi sono stati preziosi la Storia del regno di Napoli di Galasso e altri importanti testi. E spero che non mi sia sfuggito qualche svarione, rischio sempre in agguato in un romanzo storico. Non dovrebbe essere così, poiché ho avuto editor attentissimi».

Enrichetta subisce l'obbligo imposto dalla madre di rinunciare all'amore per Domenico, i vent'anni di reclusione in clausura, le meschinità delle altre monache, la persecuzione del cardinale Riario Sforza. Legge libri proibiti, passa alle gazzette storie proibite, ha un ruolo nel Risorgimento napoletano. Alla fine vince lei?
«Totalmente. Non china mai la testa, va avanti, riesce a fare la sua vita. Alla fine, quando Garibaldi apre i monasteri, uscirà anche lei. Ma fino ad allora è una che non si stanca di lottare, si rialza sempre, è un'invincibile e sta lì a mostrarci qualcosa che anche oggi è fondamentale per la continuazione del cammino di tutte noi verso la libertà: non bisogna mai mollare».
 

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