Nella Napoli di Andersen: non solo fiabe

Nella Napoli di Andersen: non solo fiabe
di Ugo Cundari
Venerdì 19 Novembre 2021, 12:18
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Lui è danese, ha 29 anni e vuole fare lo scrittore. In giro per l'Italia approda a Napoli, nella primavera del 1834. Qui è raggiunto dalla notizia della morte della madre, dolore che si aggiunge a quello per l'insuccesso della sua prima opera teatrale «Agnete e il tritone». È tentato di rinunciare ai suoi sogni di gloria per vivere nell'anonimato. Ma in riva al golfo, passeggiando per la città e scalando il Vesuvio, in piena attività, si convince di potercela fare.

Lui è Hans Christian Andersen, dopo il viaggio a Napoli scriverà favole che diventeranno famose in tutto il mondo come La principessa sul pisello, La sirenetta, Il brutto anatroccolo, La piccolo fiammiferaia. Scriverà anche versi e prose ispirati da Napoli come Il bazar del poeta e L'improvvisatore, considerato il primo romanzo moderno danese, con protagonista un popolano che, dopo aver trovato l'ispirazione nella Grotta Azzurra, diventa famoso con un'opera al debutto al San Carlo. Andersen in città tornerà nel 1841 e nel 1846, prendendo sempre appunti e abbozzando cinquanta disegni, adesso per la prima volta pubblicati, testo e immagini, dalla battagliera casa editrice napoletana Langella con il titolo Un mondo diverso (pagine 232, euro 18) a cura di Bruno Berni.
Tra aneddoti e curiosità, colpisce la guerra interiore combattuta da Andersen ogni volta che è a Napoli, una guerra tra il dovere di girare per la città e trovare l'ispirazione giusta per scrivere, e la tentazione di cedere al piacere. La prima volta che gli si avvicina un ragazzino per portarlo da una donna, lui rifiuta con sdegno e annota: «Ho il sangue in forte agitazione. Enorme sensualità e lotta con me stesso. Se davvero è peccato soddisfare questa potente libidine, allora fai che io la sconfigga. Sono ancora innocente ma il mio sangue brucia, in sogno tutto il mio intimo ribolle. Credo che il Sud rivendichi il suo diritto! Sono mezzo malato. Felice colui che è sposato, che è fidanzato! Ah, se avessi forti legami! Ma io voglio! Voglio combattere questa debolezza».

Un altro giorno è «perseguitato da uno che mi chiede se voglio una ragazza o un ragazzo». Andersen tira diritto, poi è avvicinato da un altro ragazzino, con il cappello bianco in testa: «Vuole davvero sedurmi, non la finisce più di lodare la sua donna, oh molto bella! dice, ha solo 13 anni e si è data alla carne solo da un mese».

Andersen ha paura di cedere e scappa in un vicoletto laterale. Si ritrova il ragazzino davanti, gli dice che la bambina abita proprio lì, via Nardones 32. «Mi chiede di andare a vederla, mi dice che non avrei resistito. Proprio per questo, ho pensato io, e ho detto no! no! no!». Fugge di nuovo e si rintana in una locanda per bere e mangiare. Torna a casa e nel tragitto si sente «malato per via del sangue che mi ribolle dentro. Ho la testa così pesante, una febbre di passione. Per scacciare il male dalla carne sono andato al teatro Fenice sul largo di Castello. Napoli è più pericolosa di Parigi, perché lì fa freddo, qui invece il sangue arde. Dio mi ha condotto alla cosa migliore e più ragionevole. Non è che consideri questa soddisfazione come un peccato, ma la trovo rivoltante e pericolosa con certi esseri, e un peccato imperdonabile con un essere innocente».

Al di là di questa guerra per dominare i piaceri della carne, sono molti gli aneddoti e le curiosità, tante le dichiarazioni d'amore per la città, per i suoi scorci e il suo clima piuttosto che per i suoi abitanti. Andersen litiga con i facchini che vogliono più soldi di quelli pattuiti, con il suo sarto di Capodimonte che non gli consegna i vestiti, e lui è costretto a starsene in casa. Un giorno decide di uscire lo stesso, indossando la sua vecchia marsina. Si vergogna, si tiene lontano dalle strade principali. «Sono andato a passeggio per vie piccole. Che strani dipinti ha la gente sui muri, in diverse semplici trattorie si vede Pulcinella che spacca un melone e ne escono dei piccoli Pulcinella. Sotto le immagini della Madonna c'è scritto Dite Ave Maria!».

Soggiorna in vico Speranzella, in un palazzo nel cui androne «una donna vende soldi» e all'angolo un uomo «prepara una zuppa di noci e pane che comprano i poveri». Quando passeggia sul lungomare ha l'impressione di ascoltare «il grande battito del mondo», o forse è quello del suo cuore che accelera per i piaceri che l'aspettano a via Nardones 32.
 

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