Walter Veltroni, Buonvino tra amore e morte: rebus nella Roma di ieri e di oggi

Il quarto capitolo della saga riparte da quel vestito disposto sulla sedia che chiudeva il precedente C'è un cadavere al Bioparco

Walter Veltroni
Walter Veltroni
di Generoso Picone
Martedì 7 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 8 Marzo, 07:26
5 Minuti di Lettura

C'è l'abito bianco da sposa di Veronica, i forellini macchiati dal sangue sulla seta, ad aprire il racconto del quarto capitolo delle storie del commissario Giovanni Buonvino, il protagonista della saga di Walter Veltroni giunta ora al quarto capitolo. Buonvino tra amore e morte ne è il titolo (Marsilio, pagg. 215, euro 15) e l'immagine di quel vestito disposto sulla sedia rimanda alla scena che chiudeva il precedente C'è un cadavere al Bioparco.

La donna è intubata in un letto della clinica dove è ricoverata, colpita da un killer che aveva deciso di ammazzarla proprio durante la cerimonia del matrimonio con il suo commissario: per lei e Buonvino sarebbe dovuto essere un giorno di festa a suggellare la loro storia d'amore e invece la macchia più grande che ha lacerato le vesti della gioia appare «uno squarcio nel corpo di Veronica e nella loro vita.

Era uno spartiacque, una cesura infame. Chi poteva voler uccidere una persona come lei?». E chi altro poi ha mai deciso di crivellare di proiettili un uomo come si fosse trattata di una fucilazione al tempo di guerra a Piazza di Siena, giusto mentre il commissario straziato da dolore assiste la sua donna in coma? Esiste un nesso tra i due avvenimenti, un legame che li ponga in relazione, un rapporto tra un attentato tanto crudele e un'esecuzione così feroce?

Da questa sequenza a effetto e da questi interrogativi inquieti, Veltroni riparte per raccontare le vicissitudini del poliziotto che nella sua immaginazione cinematografica dovrebbe avere il profilo di un Cary Grant. Intanto è un funzionario che per essere inciampato da dirigente della Mobile di Caserta in un incidente goffo e disastroso, confondendo via Fratelli Bandiera con via Fratelli Cairoli e indirizzando il blitz di polizia nel luogo dove si stava svolgendo la cresima del nipote del prefetto e non nella casa che stava accogliendo un summit di camorristi, è stato relegato nel commissariato di Villa Borghese a Roma: zona teoricamente al riparo da impicci, salvo poi ritrovarsi ad avere a che fare con crimini e reati di ogni specie. Così, Buonvino e il suo manipolo di agenti tutti toccati da crisi e problemi Portanova che ci vede poco e male, Gozzi che soffre di narcolessia, Cecconi e Ginevra Robotti innamorato litigiosi e Veronica segnata dalla perdita del suo primo compagno, l'altro poliziotto Roberto, a Ravenna aveva costituito il suo 87° Distretto alla Ed McBain, il suo fortino di bastardi di Pizzofalcone insediato nel verde della capitale.

Il caso di cui occuparsi gli viene consegnato dal destino, con le sue biforcazioni, le sue articolazioni, i suoi riferimenti al passato. «È così, la vita. Tutto un sistema di porte girevoli, tutto un incrocio di sogni e rabbia, di combinazioni e fortuna, di carattere e poesia», ripeterà a se stesso Buonvino in una delle frequenti pause di riflessione che scandiscono la trama e compongono una sorta di narrazione parallela a quella che vede lo sviluppo dei fatti. Veltroni istruisce un vero e proprio rebus prova enigmistica odiata dal commissario che si muove su elementi disposti sullo spazio largo del tempo: dalla Roma di oggi all'altra del 1944, dalle inchieste sulla corruzione politica e sulle collusioni con il malaffare al clima torbido durante le giornate delle Fosse Ardeatine, della Banda Koch e della Liberazione, da un figlio che fatica a riscattarsi dalla vergogna del padre, dalla disperazione che scava nell'animo umano, dagli imbrogli e dagli scandali di sempre. Attinge agli archivi della Storia, dallo straordinario patrimonio di documenti e memorie, per inquadrare gli eventi pur trasfigurandoli nella finzione narrativa: i personaggi che emergono hanno radici negli accadimenti dei decenni trascorsi ma si delineano in profili che sono il frutto dell'elaborazione fantasiosa. Sono come fantasmi di incubi probabilmente mai diradati, di presenze angosciose pronte a ripresentarsi, simboli di opportunismi e convenienze di cui i giorni restano pieni.

Video

Veltroni, insomma, impiega quel tratto di verosimiglianza che rende la pagina viva e la consegna nelle dimensioni della credibilità. Ma per raggiungere questo obiettivo in Buonvino tra amore e morte lavora ancora sull'umanizzazione dei personaggi, sui loro vizi, sulle loro virtù, sulle fragilità e sugli stupori che animano le azioni del commissario, i silenzi e le lacrime di Veronica, le parole e i comportamenti di Gozzi, Portanova, Cecconi o Robotti. Loro si muovono in uno scenario che risuona dei ritmi di Keith Jarrett e dei versi di Alda Merini, di una canzone di Herbert Pagani e di una citazione da Konrad Lorenz, di un brano dalle Fiabe italiane di Italo Calvino e di un altro da L'amore fatale di Ian McEwan, di un giro di «Futura» di Lucio Dalla e di una verità dai Quattro quartetti di Thomas Stearns Eliot. Forse troppi materiali colti disposti nell'itinerario di un giallo, comunque vale la pena attraversarli se conducono alla consapevolezza che «il tempo futuro è contenuto nel tempo passato». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA