Noi, le mostre e Caravaggio: perché l'arte è movimento

Noi, le mostre e Caravaggio: perché l'arte è movimento
di Sylvain Bellenger
Giovedì 21 Febbraio 2019, 11:03 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 17:02
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Il testo del direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger che qui pubblichiamo inaugura un racconto seriale sulla mostra «Caravaggio Napoli» (11 aprile-14 luglio 2019) che il Mattino farà ai suoi lettori facendoli entrare nel vivo della storia di quest'artista straordinario e del suo periodo napoletano. Seguite le prossime puntate. 

Perché le esposizioni sono essenziali per la storia dell'arte?
È peculiarità della storia il fatto di non fermarsi mai: la sua falce è perennemente in azione e la sua ruota gira all'infinito. I musei riflettono questa storia, di cui sono spesso eredi, interpreti, custodi. Il luogo comune secondo il quale nel museo la storia è cristallizzata, o quantomeno rallentata, è sbagliato: chi li frequenta più o meno assiduamente sa infatti che, a loro volta, anche i musei scrivono la storia. Lo fanno quando selezionano le opere che custodiscono, quando le scelgono, le organizzano, le studiano, le spiegano. L'attività più significativa dell'istituzione museale, oltre all'allestimento e il confronto delle opere, è proprio l'esposizione temporanea. Questa permette infatti di riunire le opere e di mettere in atto confronti fra di esse capaci di ricucire il tessuto stilistico o biografico di un artista o di un movimento. Il museo è una scuola dello sguardo, perché ciò che vi è esposto è presentato in modo da raccontare un'altra storia, quella dell'arte, con la sua logica interna che prescinde dal contesto e dalla cornice più o meno casuale, inevitabilmente reinterpretata, che accompagna l'opera d'arte al di fuori dal museo.

Sono proprio le mostre attività fondamentale per il museo a fare emergere un artista mentre è ancora in vita o dopo la morte. Potremmo addirittura raccontare le mostre e l'effetto che hanno prodotto sulla storia. Le esposizioni universali sono state le prime grandi imprese di globalizzazione culturale in cui, in uno spazio ristretto, era possibile avere l'esatta cognizione della produzione artistica, artigianale o industriale di nazioni provenienti da tutti i continenti. Anche la Biennale di Venezia rappresenta un esempio significativo di una manifestazione che non solo ha garantito la presenza decisiva dell'Italia sulla scena dell'arte contemporanea, ma anche il legame di molte scuole regionali con il resto del mondo.

È la Biennale di Venezia, per esempio, a spiegare i sorprendenti rapporti plastici tra uno scultore come Lehmbruck, proveniente da Monaco di Baviera, e il napoletano Tizzano.

L’esposizione è al centro della storia dell’arte e permette la sua narrazione, dà forma al passato come al presente. È stato il Salon parigino del 1848 a delineare con chiarezza le due strade – allora ancora moderne – della Scuola francese successiva a David: quella che derivava da Ingres e quella del colore di Delacroix, l’uno che guardava a Raffaello e l’altro a Tiziano. Le riflessioni, i chiarimenti immediati, i confronti minuziosi discendono semplicemente dal fatto che alcune opere – in numero significativo – scelte, confrontate e riunite in uno stesso luogo possono essere sufficienti per chiarire ciò che la carriera di un pittore, un’intera epoca o una scuola hanno in comune. L’esposizione permette agli storici di mettere in parallelo studi e ricerche d’archivio, che grazie alla mostra possono essere chiarificatori o, al contrario, acquisire un significato.

L’esposizione monografica rivela l’arte e gli stili di un autore, le sue trasformazioni, le particolarità, la tecnica e in generale la maniera, che permetteranno agli esperti di riconoscerne la mano e di procedere alle attribuzioni, ricostituendo, con maggiore o minore certezza, il corpus di pittori magari famosi in vita ma oscurati dalla storia. Nell’esposizione Les peintres de la réalité, organizzata da Charles Sterling prima della guerra a Parigi, all’Orangerie delle Tuileries, il realismo francese del XVII secolo emerge per la prima volta in maniera coerente. L’esposizione era stata così importante che nel 2007, sempre all’Orangerie, venne organizzata una nuova mostra per celebrare quella del 1934. Si potrebbe immaginare una simile celebrazione dell’esposizione sulla natura morta napoletana, allestita a Palazzo Reale a Napoli nel 1964, ma si dovrebbero riunire ben 371 dipinti! L’esplosione dei prezzi delle opere d’arte, poi, renderebbe impossibile concretizzare un’idea così ambiziosa. Un dipinto di Caravaggio, valutato 10 milioni di euro all’inizio degli anni 2000, oggi è assicurato per 200 milioni di euro. I musei si concentrano dunque su operazioni più contenute, lavorando sull’approfondimento in modo più mirato.

L’esposizione Caravaggio Napoli, che apre le sue porte l’11 aprile, è dedicata ai 18 mesi napoletani di Caravaggio. Come ha vissuto da fuggiasco, ricercato dalla polizia papale? Chi lo ha accolto? Come ha potuto ricevere incarichi come quello del Pio Monte della Misericordia?

Questa storia che racconta la Napoli di oggi e quella di allora sarà oggetto del prossimo episodio.
“Chi accoglie Caravaggio a Napoli nell’ottobre 1606 e com’era la cappella originaria del Pio Monte della Misericordia al tempo di Caravaggio?”.



Caravaggio
Flagellazione
Musée des Beaux-Arts, Rouen
credito fotografico: C. Lancien, C. Loisel/ Réunion des Musées Métropolitains Rouen Normandie



Caravaggio
Flagellazione, 1607-09/10
proveniente dalla Chiesa di San Domenico Maggiore, Napoli - FEC (Fondo edifici di culto- Ministero dell'Interno)
in deposito al Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
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