«Chiedersi ogni giorno cosa siamo in grado di fare per creare valore senza sentirsi discriminate»: la "regola" al femminile di Isabella Panizza

«Chiedersi ogni giorno cosa siamo in grado di fare per creare valore senza sentirsi discriminate»: la "regola" al femminile di Isabella Panizza
«Chiedersi ogni giorno cosa siamo in grado di fare per creare valore senza sentirsi discriminate»: la "regola" al femminile di Isabella Panizza
di Valeria Arnaldi
Martedì 12 Gennaio 2021, 15:30
5 Minuti di Lettura

Cultura, impegno, costanza. Sono questi i principi sui quali ha fondato la sua carriera Isabella Panizza, romana, classe 1973, Head of Global Digital Media di Enel, gigante italiano dell’energia, unica finalista italiana ai recenti WeQual Awards, premio che mira a promuovere la diversità e l'eguaglianza di genere nei comitati esecutivi collettivi delle più grandi aziende nella regione EMEA (Europa, Middle East, Africa).

Come ha esordito nel mondo della comunicazione?

«Ho iniziato a scrivere nel 1993. Nel 2004 mi sono trasferita a Londra dove facevo da corrispondente per Condé Nast. Non esistevano ancora blogger e influencer, né i social media. Essere a Londra voleva dire avere notizie di prima mano, su cose che da noi in Italia arrivavano anche con due, tre anni di ritardo. Nel 2008 sono diventata direttore responsabile dell'edizione italiana online di Wired».

Dal giornalismo è passata alla comunicazione aziendale: l'approccio narrativo rimane efficace?

«Questo è l'approccio, vincente, per un grande Gruppo che non vuole raccontarsi in modo autoreferenziale, ma che decide di farlo cercando di anticipare i bisogni dei suoi principali stakeholder, ispirandoli. Nel 2012 sono entrata in  in Yoox-Net-a-Porter, leader globale dell’ecommerce di lusso, occupandomi della comunicazione del brand sui suoi canali editoriali. È stata un’esperienza di passaggio dal giornalismo al corporate storytelling che mi ha insegnato quanto simili siano le sfide se stai scrivendo per Wired o per un brand multinazionale: in entrambi i casi devi riuscire a coinvolgere l'audience. Sono arrivata in Enel nel 2015. Con il mio team ho avuto il privilegio di dare una casa digitale al nuovo brand gestendo la comunicazione digitale a livello globale, i siti web e i canali Social Media del Gruppo Enel».

Il digitale ha mutato fortemente la comunicazione e non solo.

«L’avvento del digitale ha stravolto totalmente il modo delle aziende di concepire il tempo, tutto è accelerato. I social media, inoltre, le obbligano a comunicare producendo contenuti costantemente. Si pensi alle Storie di Instagram, che dopo 24 ore scompaiono. La comunicazione digitale permette di avere i dati per comprendere cosa piace alla gente, ma sono così tanti che bisogna capire quali sono realmente importanti per eliminare il “rumore” degli altri. Tutto deve essere dinamico, fresco, interattivo. Si usano molti visual: bisogna regalare esperienze».

Le vie migliori per farlo?

«La creatività. Siamo bombardati da informazioni, pubblicità, storie. Se un'idea non è creativa, non lascerà il segno. Non a caso, oggi le multinazionali mostrano i loro valori, prima di dire come sono organizzate, notizia che un tempo, invece, era in primo piano».

Ha incontrato difficoltà nella carriera, in quanto donna?

«Lo scoglio più grande è stato uscire dalla comfort zone.

Nel 2004 ho deciso di lasciare Roma e un posto fisso da giornalista in una casa editrice locale per andare a Londra. A 33, ho deciso di rimettermi a studiare perché il mondo era cambiato e così le regole della comunicazione e del marketing. Per questo nel 2006 ho frequentato un Master in quello che oggi è noto come Design Thinking, presso la Central Saint Martins di Londra. Anche lì ero l'unica italiana, come oggi nella lista dei membri WeQual. Le difficoltà che ho incontrato nella mia carriera sono quelle che incontra una donna in un mondo storicamente maschile. Una situazione che si sta normalizzando grazie all'aumento di donne che intraprendono carriere un tempo considerate solo maschili, dal management allo sport. Da madre, le difficoltà sono anche legate al cercare di far funzionare al meglio il doppio ruolo di manager e mamma. I miei tre figli si chiamano Franco, Costanza e Victoria perché se sei un uomo franco e giusto con le persone, e hai costanza non mollando mai, allora ce la farai. Sono questi i nostri valori familiari e sono gli stessi che applico ogni giorno anche sul lavoro e con il mio team. Ovviamente questo, è lo storytelling che ho creato (nel vero senso della parola!) a cui tengo di piu!».      

Il tema delle poche donne in ruoli dirigenziali è “caldo” in Italia.

«C’è ancora tanta strada da fare, ma vedo la luce fuori dal tunnel. Bisogna avere un atteggiamento positivo e chiedersi ogni giorno che cosa siamo in grado di fare per creare valore in modo proattivo nella nostra organizzazione senza sentirsi discriminate o svantaggiate. E anche l'organizzazione deve fare la sua parte, costruendo contesti che rifiutano i pregiudizi, creando uguali opportunità e lavorando sull’empowerment femminile. In Enel sono attive molte iniziative che stanno aiutando le donne a crescere e a rendere il contesto più inclusivo. Del resto anche nel mondo le cose stanno cambiando rapidamente. Chi avrebbe mai detto che alla Casa Bianca sarebbe arrivata una vice presidente donna e di colore, eppure Kamala Harris ha superato i nostri sogni. O che ragazze di 18 anni come Greta Thunberg sarebbero riuscite a far finire sulle prime pagine di tutti i giornali la questione del riscaldamento globale».

C'è una scarsa cultura della dirigenza al femminile nel nostro Paese?

«Purtroppo sì, ma grazie a premi come WeQual dopo tante salite arriva qualche discesa. In generale bisogna credere nel capitale umano. Ed è fondamentale fare rete e favorire inserimento e crescita delle donne in professioni dove la loro presenza è ancora esigua. In questo è fondamentale il supporto di tutte le donne riuscite a raggiungere l'eccellenza in queste professioni».

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