«Gli asili per 515 mila bambini ma il finanziamento così non va»

«Gli asili per 515 mila bambini ma il finanziamento così non va»
di Marco Esposito
Venerdì 6 Dicembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 17:41
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Sono 515 mila i bambini al di sotto dei tre anni che dal 2020 conquisteranno il diritto all'asilo nido. Il conteggio lo fa, in uno specifico focus pubblicato ieri, l'Ufficio parlamentare di bilancio (in sigla Upb), il quale svela gli effetti delle nuove regole per attribuire i fabbisogni ai Comuni, superando la formula diabolica in base alla quale se il Comune in passato non aveva servizi di asili nido, i bambini non ne avevano diritto per il futuro. Una battaglia, quella contro gli zeri al Sud, che ha visto protagonista questo giornale, come viene riconosciuto nello stesso focus. Una battaglia di cui si avvantaggerannno 283mila bambini del Mezzogiorno e anche, com'è giusto, 232mila del Centronord.

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Ma se non cambia il sistema di finanziamento, nota sempre l'Upb, i Comuni potranno fare ben poco per passare alla fase operativa. Ai maggiori diritti riconosciuti infatti seguono solo parzialmente le risorse, a causa dell'assenza dei Lep e di una serie di codicilli (ogni euro di maggiore fabbisogno si traduce in appena 16 centesimi), con l'effetto di «cristallizzare in via permanente la situazione storica» e quindi le differenze territoriali tra i Comuni, per cui i bambini che davvero potranno avere l'asilo nido nel 2020 si riducono secondo l'Upb ad appena 1.400. Ecco perché l'Ufficio parlamentare di bilancio utilizza la sua autorevolezza e indipendenza per invitare i decisori pubblici (Governo, Parlamento e Regioni, in tale caso) a «individuare dei percorsi specifici che destinino, nel rispetto degli equilibri complessivi di finanza pubblica, risorse aggiuntive ai territori in cui maggiore è il divario tra i livelli effettivi di servizio e gli obiettivi di copertura, anche con finalità di perequazione infrastrutturale, attivando altresì forme di monitoraggio dell'effettivo conseguimento dei risultati».

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In ballo ci sono due fondi, oggi scoordinati. Uno - di 249 milioni - è teso a favorire l'offerta, cioè a costruire i nidi dove mancano, ma le Regioni (con la sola Campania esplicitamente contraria e il resto del Sud assente o silente) hanno individuato un criterio che per la gran parte (209 milioni) ricalca la ripartizione storica, tutta a favore di chi gli asili nido li ha già. L'altro fondo, da 520 milioni, va a sostenere la domanda perché è un bonus alle famiglie per iscrivere i figli ai nidi pubblici o privati (dove esistenti). Un fondo che inevitabilmente finirà dove ci sono maggiori servizi. E invece secondo l'Upb occorre «un coordinamento tra le politiche a sostegno dell'offerta e quelle a favore della domanda» perché «in assenza della prima anche la destinazione delle risorse aggiuntive alla finalità di esonerare i cittadini dalle tariffe per il servizio di asilo nido, come previsto dal disegno di legge di bilancio per il 2020, rischia di beneficiare soltanto i cittadini residenti nei territori che già dispongono di tale servizio, a discapito - si legge ancora nel focus firmato da Emilia Marchionni e Corrado Pollastri - di quelli residenti nei Comuni che non erogano la funzione e che riceveranno finanziamenti aggiuntivi dal nuovo criterio di perequazione insufficienti ad aumentare la propria offerta del servizio».

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Ieri il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, intervistato dal Mattino, ha affermato che ritiene «prioritario costruire nuovi asili nei Comuni che non hanno avuto la possibilità o le risorse per farlo e procedere in un secondo momento alla riduzione delle rette». Belle parole. Tuttavia il governo di cui Fioramonti fa parte sta andando in altra direzione, anticipando a gennaio 2020 (rispetto all'impegno di Conte del settembre 2020) il taglio delle rette e riducendo ad appena 30 milioni perequativi su 249 gli stanziamenti destinati a costruire i nidi dove mancano. E anche i 2,5 miliardi (spalmati in quattordici anni) di cui parla la viceministra dell'Economia Laura Castelli, destinati ai Comuni per finanziare la costruzione dei nidi, hanno un effetto immediato nullo visto che i primi 100 milioni arriveranno nel 2021 e «la norma - precisa l'Upb - non specifica i criteri che dovranno essere seguiti in sede di riparto».

C'è ancora tempo però per correggere il tiro in linea con la indicazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Deve ancora riunirsi infatti la Conferenza dei presidenti delle Regioni per dare il via libera finale al riparto dei 249 milioni. Chiedere di coordinare il fondo da 249 milioni con quello da 520 milioni troverebbe il consenso della Toscana, la Regione che ha il ruolo pilota in tema di asili nido.
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