Covid Italia, «lavoratori fragili» a rischio licenziamento in attesa di nuove tutele

Covid Italia, «lavoratori fragili» a rischio licenziamento in attesa di nuove tutele
di Nando Santonastaso
Sabato 29 Agosto 2020, 12:00 - Ultimo agg. 30 Agosto, 08:36
5 Minuti di Lettura

Non solo i circa 400mila over 55 tra personale Ata e professori di scuola, 170mila dei quali già oltre i 62 anni. Le incognite sul futuro occupazionale dei cosiddetti lavoratori fragili, dopo la mancata proroga nel decreto di agosto delle tutele previste fino al 31 luglio dai precedenti decreti Cura Italia e Rilancio, investono tutti i settori, nel pubblico come nel privato. E in particolare le pmi industriali e commerciali, dove il ricorso allo smart working è più complicato. Basta leggere le storie pubblicate in questi giorni dai gruppi nati su Facebook: c'è la cassiera del piccolo supermercato che non potendo usufruire dello smart working teme di dover ricorrere ai giorni di malattia ordinaria con conseguente decurtazione dello stipendio e rischio di licenziamento dopo il 15 ottobre; c'è il magazziniere che non può essere destinato ad altra mansione in fabbrica e si vede costretto a rientrare per salvare il posto pur soffrendo o avendo sofferto di patologie compatibili con l'esonero; e ci sono anche l'infermiere ospedaliero o il dipendente comunale che vivono e raccontano le stesse incertezze. «Oltre al grande problema della salute scrive un operaio - dobbiamo avere anche paura dei rischi del contagio diretto con le persone o di perdere il posto di lavoro per esaurimento. Finiti ferie, malattie e permessi, ci ritroveremo in aspettativa non retribuita? Ma a fine mese abbiano tutti da pagare mutuo, affitti e bollette». Il problema scuote categorie e sindacati e investe l'opinione pubblica anche più distratta. Ma da dove ha origine?

LEGGI ANCHE Il virus non risparmia le assunzioni: -43% in cinque mesi

Chi sono i fragili?
Parliamo dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, di età superiore ai 55 anni, in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (legge 104), nonché di quelli in possesso di certificazione che attesti una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita. Considerato l'alto pericolo di subire il contagio da Covid-19, i decreti Cura Italia e Rilancio avevano previsto per questi lavoratori la possibilità di usufruire di un periodo di assenza equiparato al ricovero ospedaliero, senza cioè temere alcun taglio sulla retribuzione mensile. Spetta al medico competente d'azienda, scuola compresa, certificare l'esistenza di questi requisiti ai quali, secondo il dibattito sviluppatosi in queste ore, non apparterebbero anche i lavoratori over 55 portatori di malattie croniche di lieve entità ben compensate da trattamento terapeutico o farmacologico. Ma anche su questo punto sarà l'attesa e ormai indispensabile circolare del ministero della Salute a fare chiarezza.
 


Perché non bastano i 55 anni?
Il passo indietro è stato determinato soprattutto dall'evoluzione della diffusione del Covid-19, a prescindere dagli ultimi dati. Smentendo in qualche modo un documento dell'Inail di aprile sulla sicurezza dei loghi di lavoro, in cui si consigliava una «sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori di età superiore ai 55 anni», a prescindere cioè dalla presenza o meno di patologie o stati di malattia, l'Istituto Superiore di Sanità ha ritenuto che il solo criterio anagrafico non basta più per essere considerati tra i lavoratori «a rischio». Per essere annoverati all'interno di questa categoria bisogna anche essere affetti da «malattie croniche degenerative, da patologie a carico del sistema immunitario o da quelle oncologiche che in caso di comorbilità con l'infezione da Covid-19 possono influenzare negativamente la severità e l'esito della patologia». È solo per questi gravi casi, comprovati da certificazioni mediche, che i dirigenti scolastici dovranno concedere la «sorveglianza sanitaria eccezionale».

LEGGI ANCHE Dall'Ue 27,4 miliardi di aiuti per l'occupazione

Niente proroga, scuole senza prof?
La stretta dell'Iss e la mancata proroga nel decreto di agosto delle tutele a beneficio dei lavoratori fragili ha scatenato l'allarme soprattutto nel mondo della scuola. I docenti di ruolo più anziani, fa osservare ad esempio il sindacato, pur di restare a casa e di evitare il rischio del potenziale contagio nelle loro scuole, potrebbero comunque optare per la malattia trovando, ovviamente, un medico disposto a certificare la loro fragilità.
Il fenomeno sarebbe già in atto come segnalato da varie Regioni. In Veneto, ad esempio, l'Ufficio scolastico ha parlato di centinaia di lettere giunte ai presidi da parte di docenti anziani che chiedono lesonero dal servizio. Di qui l'allarme sugli eventuali sostituti (ne servirebbero 200mila, dice una parte del sindacato). Ma anche, sia pure in maniera meno vistosa, un altro problema, peraltro non proprio secondario: i rapporti e dunque le prerogative dei medici competenti e dei medici di base. Su entrambe le categorie infatti poggiano responsabilità specifiche ma forse non ancora del tutto chiare in ordine all'accertamento dei requisiti per l'inidoneità, specialmente in questa fase piuttosto confusa. Al momento l'unica certezza, per legge, è che la decisione finale sulle misure di tutela per i lavoratori fragili resta in capo al datore di lavoro. Il medico competente può solo segnalare ma che il cerchio si chiuda proprio così non sembra scontato. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA