Mittal al governo: «L'Ilva di Taranto ingestibile senza tutele legali»

Mittal al governo: «L'Ilva di Taranto ingestibile senza tutele legali»
di Giusy Franzese
Giovedì 20 Giugno 2019, 12:00 - Ultimo agg. 13:57
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Altro che decreto Crescita: per il Siderurgico di Taranto ex Ilva il provvedimento potrebbe diventare la tomba di qualunque prospettiva di futuro. Ieri da Londra il colosso dell'acciaio ArcelorMittal che da novembre ha iniziato a gestire l'ex Ilva ha diffuso un comunicato al vetriolo contro il governo. Motivo: lo stop a partire dal 6 settembre prossimo all'immunità penale per la gestione dello stabilimento di Taranto, previsto all'articolo 46 del decreto Crescita che deve essere convertito entro il 29 giugno, attualmente in discussione alla Camera. «Se il decreto dovesse essere approvato nella sua formulazione attuale, la disposizione relativa allo stabilimento di Taranto pregiudicherebbe, per chiunque, ArcelorMittal compresa, la capacità di gestire l'impianto nel mentre si attua il Piano ambientale richiesto dal Governo italiano e datato settembre 2017».
 
O la norma viene modificata o è impossibile andare avanti. ArcelorMittal è chiara. Le tutele legali esistenti e che, in base all'accordo firmato al Mise, dovevano restare fino alla completa attuazione del piano ambientale nel 2023, sono «necessarie per evitare di incorrere in responsabilità relative a problematiche che gli attuali gestori non hanno causato», dato che dal 2012 il Siderurgico è sotto sequestro. Il gruppo comunque « resta fiducioso che venga ripristinata la certezza del diritto nell'interesse dell'intero contesto economico italiano e degli stakeholders, permettendo ad ArcelorMittal Italia di continuare a gestire lo stabilimento e completare il piano di riqualificazione ambientale». Come dire: se il governo vuole è ancora in tempo a evitare la tragedia. Perché il gruppo da Taranto non se ne vorrebbe andare, è pronto a investire oltre un miliardo di euro nel piano ambientale con l'intenzione di trasformare lo stabilimento «in un impianto siderurgico europeo all'avanguardia, utilizzando le migliori tecnologie disponibili». «Tutti gli interventi previsti stanno procedendo nel pieno rispetto delle tempistiche» precisa. Ma se mancano le condizioni base per continuare, la scelta di disimpegnarsi potrebbe essere una strada obbligata. Parole molto dure, inusuali per il vertice della multinazionale che anche nei momenti di trattativa più difficile ha sempre mantenuto toni cauti e dialoganti. E così la nota ha l'effetto di una bomba. I sindacati, già alle prese con l'annuncio della cassa integrazione per 1.400 dipendenti per 13 settimane, parlano di «doccia fredda» e temono che la vicenda possa degenerare compromettendo davvero il futuro del Siderurgico.

Ma anche il Mise, di fatto destinatario del warning di ArcelorMittal, si dice «sorpreso»: la multinazionale - si sottolinea in una nota - «era stata informata già a febbraio 2019 degli sviluppi circa la possibile revoca dellimmunità penale» anche in vista della decisione della Consulta sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Gip di Taranto l'8 febbraio scorso. Detto ciò Di Maio - che lunedì sarà a Taranto insieme con il collega Costa - si affretta anche a mandare un messaggio rassicurante: presto sarà trovata «una soluzione equilibrata», «il Mise e tutto il Governo sono al lavoro affinché lazienda continui ad operare nel rispetto dei parametri ambientali». Anche ieri ci sarebbero state interlocuzioni tra i tecnici del Mise e l'azienda. E' stato approvato un ordine del giorno che chiede al Mise di regolamentare la norma, prevedendo una maggiore gradualità dei tempi dello stop totale all'immunità (ora la data ultima è il 6 settembre). La finestra c'è, visto che ieri i lavori dell'Aula si sono arenati sul nodo dei fondi del Sud (Fsc) la cui competenza è stata scippata al ministro Lezzi per passarla alle regioni.
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