Asili, anche i fondi del 2021 vanno (quasi) tutti al Nord

Asili, anche i fondi del 2021 vanno (quasi) tutti al Nord
di Marco Esposito
Giovedì 5 Agosto 2021, 23:55 - Ultimo agg. 6 Agosto, 17:20
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«Nella rinomatissima via Rimini, a pochi passi dal cuore della movida milanese», si legge in un annuncio online che offre in vendita un trilocale a 4.100 euro a metro quadrato non lontano dai Navigli. Ebbene, nella stessa rinomata via Rimini, al medesimo civico 25, il Comune di Milano riceverà un finanziamento di 3 milioni grazie al primo bando del Pnrr in quanto «comune svantaggiato» scalzando, per i punti del cofinanziamento di 3 milioni, altri comuni realmente svantaggiati, territori di luoghi d’Italia forse meno glamour, almeno ai fini della movida.

Milano, come Torino, Genova, Novara, Varese, Parma, Pesaro sono cuni dei comuni che si sono aggiudicati soldi pubblici europei destinati alle «aree svantaggiate» per realizzare o rinnovare asili nido o scuole dell’infanzia. È l’effetto del primo bando del Pnrr con 700 milioni destinati all’edilizia scolastica per l’infanzia, le cui graduatorie sono state pubblicate ieri dal ministero dell’Istruzione, accompagnate da una nota in cui si sottolinea che il 54,4% dei fondi è comunque andato al Mezzogiorno.

Un risultato positivo in effetti, se confrontato con la popolazione, ma molto meno eclatante se l’obiettivo è garantire servizi omogenei in tutto il Paese. 

A conferma della difficoltà per la macchina statale di passare dal criterio della spesa storica a quello dei bisogni delle persone, c’è il riparto del fondo 2021 chiamato «Sistema integrato 0-6», approvato mercoledì scorso in Conferenza unificata in versione parziale, vale a dire solo per 264 milioni sui 307,5 milioni effettivamente disponibili. Il parziale accordo è dovuto al fatto che l’annualità 2021 non è una qualsiasi ma la prima del cosiddetto «Piano pluriennale nazionale 2021-2025», un piano quinquennale nel quale si ribadisce l’impegno a raggiungere per gli asili nido «almeno il 33% di copertura della popolazione sotto i tre anni di età a livello nazionale». Ora, secondo i dati forniti raccolti dal ministero dell’Istruzione, ci sono tre regioni sopra il 40% (Emilia Romagna, Umbria e Valle d’Aosta) e due (Campania e Calabria) intorno al 10%. È quindi evidente che bisogna investire con assoluta priorità nei territori dove il livello essenziale delle prestazioni del 33% di posti per i piccoli nei nidi non è raggiunto. Tuttavia il Miur ha proposto che soltanto il 20% del fondo 0-6 abbia finalità perequative mentre la gran parte, l’80%, è ripartito in base a un mix di parametri non di rado premiali per chi ha più servizi storici. L’Anci ha chiesto che la quota perequativa salga al 25% ma diverse Regioni del Nord, a partire da Lombardia, Emilia Romagna e Liguria, si sono opposte, da cui l’intesa solo parziale.

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Cosa accadrà se passa la proposta del ministero guidato da Patrizio Bianchi? Dalle tabelle inviate agli enti locali si ricava un dato chiaro: sono poco più di 90mila i piccoli con meno di tre anni cui spetterebbe di diritto un posto al nido ma che nella propria regione di residenza sono tagliati fuori. Più di uno su tre, il 34%, vive in Campania ma il problema tocca tredici regioni e una provincia autonoma. Se i 307,5 milioni fossero tutti utilizzati, come imporrebbe il dettato costituzionale, per colmare il divario, alla Campania toccherebbero 105 milioni di euro, invece ne arriveranno 42, molto meno della metà, pari al 14% del totale nazionale. Questo accade perché il fondo 0-6, pur cresciuto negli anni da 209 a 307,5 milioni, continua a replicare al suo interno il primo riparto del 2017, fatto senza un centesimo di perequazione ma anzi tenendo in particolare conto il numero di iscritti ai nidi esistenti.

Oltre al tema delle risorse, però, c’è quello della finalità. Sia i 700 milioni del Pnrr, sia i 307,5 milioni del fondo 0-6, infatti, continuano ad avere al centro l’azione degli enti locali. Enti però che non sempre si attivano per partecipare ai bandi, con il risultato che quelli che dovrebbero essere i protagonisti dell’azione pubblica - i bambini e le loro famiglie - restano sullo sfondo. A meno di non cambiare residenza, magari proprio a Milano in via Rimini 25. Una casa in vendita c’è. 

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