Se il Nord perde più prodotto interno lordo, è il Mezzogiorno a pagare il prezzo più elevato in termini di occupazione. Ogni mese di chiusura è costato quasi 48 miliardi di euro, il 3,1% del Pil italiano. Di questi oltre 37 li ha “paga” il Centro-Nord (3,2% del Pil) e quasi 10 pesano sul Mezzogiorno (2,8% del Pil). Ma il Sud ha pagato un conto carissimo soprattutto sul fronte occupazionale.
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I NUMERI
Nei primi tre trimestri di quest’anno, la diminuzione dei posti di lavoro è stata del 4,5%.
Previsioni però più ottimistiche se si considerano gli effetti della Legge di Bilancio, che si vedranno soprattutto nel 2022. Grazie soprattutto alla decontribuzione al 30% sul lavoro, il Pil aumenterebbe nel 2022 del 2,5%, circa un punto in più di quanto previsto senza tenere conto della manovra. Ma resta il dato che la ripresa sarà segnata dal riaprirsi di un forte differenziale tra le due macro aree. Come si diceva, inoltre, ad incidere c’è anche la zona “grigia” del sommerso che ha riflessi su una caduta molto ampia del reddito disponibile delle famiglie (-6,3%) che si trasmette ai consumi privati con una contrazione che dovrebbe avvicinarsi ai dieci punti percentuali (-9,9%, in peggioramento di quasi un punto rispetto a luglio).
LA FOTOGRAFIA
I divari, si diceva, restano e si allargano. Basta sfogliare le pagine del lungo rapporto della Svimez. Ci sono dati sulla spesa sanitaria corrente pro capite, che portano a definire il Mezzogiorno «una zona rossa già prima della pandemia». Senza considerare le statistiche sui divari scolastici. La percentuale di tempo pieno nella scuola primaria è al Sud del 16%, al Centro-Nord del 46,1% con una media italiana del 35,4%. E la chiusura delle scuole in atto, rischia di accrescere ulteriormente i divari nell’educazione. Al Sud i ragazzi tra 6 e 17 anni che vivono in famiglie in cui non sono disponibili dispositivi informatici sono il 19% contro il 12,2% medio italiano e la percentuale sale al 34% se in famiglia nessuno dei genitori è andato oltre la scuola dell’obbligo. «A noi», ha detto il presidente della Svimez Giannola, «serve far correre Napoli insieme a Milano, e non sacrificare una a beneficio dell’altra». Peppe Provenzano, ministro per il Sud, che dalla Svimez proviene, ha promesso che tra fondi strutturali e Recovery fund, per il Mezzogiorno ci saranno «140 miliardi complessivi nei prossimi 7 anni». Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che pure ha partecipato alla presentazione del rapporto, ha annunciato che tra i progetti del Recovery ci sarà «un polo Agritech per lo sviluppo di tecnologie nel settore agroalimentare» a Napoli. E ha aggiunto che i fondi europei saranno usati anche per garantire il tempo pieno a scuola su tutto il territorio nazionale». Resta la considerazione, fatta dalla Svimez, che la pandemia «non è stata una livella». Anzi, i divari per adesso li ha accresciuti.