«Memoria e innovazione per le imprese centenarie»

Il direttore della Fondazione Pirelli: rilanciamo le imprese storiche

Calbrò (Pirelli)
Calbrò (Pirelli)
di Antonio Vastarelli
Martedì 2 Aprile 2024, 10:33
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«Le imprese rappresentate da "I Centenari" sono un chiaro esempio di un'Italia che guarda all'innovazione, senza dimenticare le radici, e che vive la storia non come nostalgia del passato ma come stimolo per il futuro». A sostenerlo è Antonio Calabrò, giornalista già ai vertici di importanti testate (Apcom, Il Sole 24 Ore), oggi direttore della Fondazione Pirelli e presidente di Museimpresa, che domani sera debutterà nel suo ruolo di presidente onorario dell'Associazione delle aziende storiche familiari italiane. L'occasione sarà il convegno "Le aziende storiche costruiscono il futuro", che si terrà al Circolo nazionale dell'Unione di Napoli, seguito da una cena conviviale. Ad accoglierlo, insieme al direttore de "I Centenari", Biagio Orlando, e ai rappresentanti delle imprese associate, i componenti del Consiglio direttivo che ne ha indicato la nomina: Ugo Cilento (presidente), Mauro Ascione, Armando De Nigris, Paola Cianciullo e Filippo Bronzi.

Dottor Calabrò, "I Centenari", nata nel 2001 per associare le imprese campane con oltre un secolo di vita, dal 2018 ha allargato i suoi orizzonti, accogliendo aziende di tutta Italia: la sua nomina si inserisce in questa strategia di espansione. Quale apporto pensa di poter offrire in quest'ottica?
«Premetto che la nomina è un grande onore, per cui ringrazio il presidente Cilento e il direttivo dell'associazione.

Ed è un piacere poter collaborare con persone che da tempo si impegnano per valorizzare la storia delle imprese e la qualità della manifattura italiana. L'idea che hanno avuto di allargare lo spazio e i riferimenti è ottima, e il mio contributo può essere proprio quello di lavorare sui legami con altre imprese dello stesso tipo. L'obiettivo è di mettere insieme progetti e programmi per valorizzare una caratteristica di fondo delle imprese italiane: la capacità di tenere insieme la memoria e l'innovazione, le radici nella qualità dei territori e lo sguardo rivolto al futuro».

Ci sono già idee sulle iniziative da mettere in campo?
«Pensiamo di creare, insieme a Museimpresa e al mondo universitario, un Osservatorio permanente sulle imprese storiche, ma l'attenzione massima sarà sulle scuole, che devono essere i nostri principali interlocutori. Vorremmo spiegare, partendo dalle bambine e dai bambini delle elementari, che lavorare in un'impresa è una cosa bellissima perché dentro le imprese c'è creatività, c'è scienza, c'è gusto dell'intraprendenza e della trasformazione. Non possiamo negare che vi sia un'Italia malinconica, immobile, conservatrice e refrattaria ai cambiamenti, ma ce n'è anche un'altra capace di tenere il passo con le spinte dell'innovazione. Ed è di questa Italia che noi dobbiamo parlare, valorizzando quello che potrei chiamare un vero e proprio orgoglio industriale, cioè l'orgoglio per la nostra capacità di fare e fare bene. E le aziende che fanno parte de "I Centenari" sono un chiaro esempio di questa parte di Paese».

In che senso?
«Essendo imprese, e dovendo quindi fare ogni giorno i conti con il mercato, le vendite, la produzione, la valorizzazione delle persone, non vivono la storia come nostalgia del passato, ma come stimolo per il futuro. Uno dei più grandi storici dell'economia del Novecento, Carlo Maria Cipolla, diceva che gli italiani sono abituati fin dal Medio Evo a produrre, all'ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo. In questa frase c'è la storia, c'è la capacità della manifattura, c'è il rapporto con i territori, c'è l'idea della bellezza, che è un'idea della qualità, non solo estetica ma anche funzionale, e c'è l'idea dell'apertura internazionale. Insomma, l'Italia è un paese ricco di attività in provincia ma non è un paese provinciale».

Il fatto che questa associazione sia nata a Napoli è significativo di un maggior rapporto con la tradizione delle imprese del Sud o è solo una coincidenza?
«Io credo che le cose della vita siano contemporaneamente casuali e non. Leonardo Sciascia sosteneva che non ci sono coincidenze ma incidenze, e il Mezzogiorno è sempre stato un territorio in cui, insieme ad antichissime istituzioni tagliate fuori dal tempo e dalla storia, penso al latifondo e ai privilegi baronali, ha però anche avuto grandi esempi di intraprendenza e di innovazione. Penso, per parlare della mia Sicilia, ai Florio, ma anche alla nascita, nel 1900, di un piccolo, grande, orgoglioso giornale, che si chiamava L'Ora, in cui ho a lungo lavorato, e che è stato, dagli anni Cinquanta agli Ottanta, un elemento forte di impegno contro la mafia. E se c'è una cosa che rappresenta il peggio della conservazione è proprio la criminalità organizzata».
 

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