Mozzarella di bufala campana Dop, la crescita è sprint: più di Grana e Parmigiano

I dati del primo Osservatorio economico sulla filiera della mozzarella di bufala campana Dop

L'osservatorio economico sulla filiera della mozzarella di bufala campana Dop
L'osservatorio economico sulla filiera della mozzarella di bufala campana Dop
di Nando Santonastaso
Mercoledì 1 Febbraio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 2 Febbraio, 07:20
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Cresce più del Parmigiano reggiano e del Grana padano, si vende per il 56% al Nord (Nord Ovest in particolare con il 34%), ha volumi di export forse persino insperati dopo due anni di Covid e sfiora il 50% del totale in Francia, che pure resta la patria riconosciuta dei formaggi a livello mondale. I dati del primo Osservatorio economico sulla filiera della mozzarella di bufala campana Dop, promosso dal Consorzio di tutela e realizzato in partnership tra UniCredit e Nomisma, presentati ieri a Milano nella Tree House del gruppo bancario baciata da un sole mediterraneo, raccontano tanto. Parlano di una realtà sempre più importante nel panorama dell'agroalimentare nazionale (il 14% del Pil di settore è un risultato inequivocabile). Se nove italiani su 10 nel 2022 hanno consumato almeno una volta mozzarella di bufala campana, il 25% almeno una volta a settimana e il 20% è pronto a farlo anche a colazione, se ne ha un'ulteriore, indiscutibile riprova. È la conferma che la sfida della qualità, alla quale fa esplicito riferimento in un videomessaggio il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, rimane strategica e decisiva anche per respingere al mittente i ripetuti tentativi di Italian sounding: «Dobbiamo proteggere la qualità dell'agroalimentare, un patrimonio non delocalizzabile: il governo, anche nella legge di Stabilità ha annunciato un impegno sempre più forte per proteggere i consumatori è impegnato sempre di più i consumatori da chi tenta di accreditarsi sui mercati creando allarme sulla presunta pericolosità dei nostri prodotti per la salute, com'è avvenuto nel recentissimo caso del vino. Per questo abbiamo deciso di raddoppiare i controlli e di portare a mille il numero degli ispettori anti-frodi alimentari sul territorio», annuncia il ministro. 

Eppure, numeri e prospettive così significativi non cancellano elementi di preoccupazione che il presidente del Consorzio di tutela Domenico Raimondo sottolinea con sano realismo nell'incontro di ieri, coordinato dal Direttore del Sole 24Ore Fabio Tamburini e aperto da Annalisa Areni, Head of Client Strategies di UniCredit Italia e già responsabile Sud del Gruppo. «Lo sviluppo del nostro comparto dice Raimondo è messo a rischio da tre fattori esplosi nel 2022: l'aumento dell'inflazione che per formaggi e latticini è arrivata a +17%, l'incremento dei costi di produzione (+512% l'aumento del costo del gas dal 2020, +442% quello dell'energia elettrica, +74% della plastica e +44% del polistirolo per gli imballaggi, ndr) e la perdita del potere d'acquisto del consumatore.

Fattori che hanno già portato ad un impoverimento della filiera e che anche per il 2023 ripropongono l'allarme del calo della redditività». In altre parole, l'aumento della produzione rischia di non essere più sostenuto dai margini di profitto indispensabili a mantenere gli attuali livelli di crescita della filiera e ovviamente a incrementarli ancora. 

È un allarme serio per le prospettive della prima Dop del Mezzogiorno, capace di realizzare un fatturato di 530 milioni di euro nel 2022 e di avere un gradimento tra i consumatori che si riassume in uno dei tanti dati emersi dall'Osservatorio: «In uno scenario economico le famiglie italiane sono pronte a ad alleggerire il carello della spesa ma la mozzarella di bufala campana Dop figura in fondo alla lista dei cibi che eventualmente andrebbero tagliati e comunque lo farebbe soltanto il 10% dei consumatori» spiega Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma. 

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Il rischio congiunturale di sicuro non va trascurato, osserva Luca Bianchi, Direttore della Svimez, che ricorda come le imprese del Mezzogiorno hanno sofferto di più rispetto alle altre aree del Paese l'impatto dell'aumento dei costi energetici: «Ma se confrontiamo gli investimenti delle aziende del Consorzio prima della pandemia c'erano indicatori di bilancio mediamente più alti della media del settore». C'è piuttosto un problema di rapporti con la distribuzione da affrontare, e non solo in termini di prezzo, dice Bianchi anche se, interviene Pier Maria Saccani, Direttore del Consorzio di tutela, «per mantenere l'equilibrio della Dop occorre garantire una remunerazione a tutte le componenti della filiera. La qualità dev'essere pagata e non va mai abbassata». Un motivo in più per sottolineare l'ampia e ribadita disponibilità di UniCredit a sostenere il comparto e rafforzare l'Italian feeling all'estero: «L'agroalimentare con il turismo e la cultura rappresenta una garanzia di sviluppo per il Mezzogiorno» osserva non a caso Ferdinando Natali, responsabile Sud di UniCredit Italia. Declinato in chiave export sa tanto di garanzia per i programmi del Consorzio a breve e medio termine. 

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