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Olio, frena la produzione per i venti torridi da Sud

di Luciano Pignataro
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 9 Agosto 2022, 08:17 - Ultimo agg. : 16:54
4 Minuti di Lettura

Dopo due annate buone arriva l'incertezza anche per la campagna olearia 2022-2023. Come per tutti gli altri comparti agricoli, vino e pomodori in testa, il tema è sempre lo stesso: la siccità che ha colpito gran parte del nostro Paese unita al caldo prolungato come avvenne nel 2003.

La Cia, Confederazione Italiana Agricoltori, lancia la stima di un caldo di circa il 30% della produzione rispetto allo scorso anno: «Malgrado l'olivo sia estremamente resistente alla siccità, l'acqua mantiene un ruolo fondamentale in determinate fasi del ciclo vitale della pianta. Il caldo anomalo nel periodo di fioritura a maggio e il deficit idrico nella fase di accrescimento a luglio hanno, infatti, creato le condizioni per un'annata molto sfavorevole per la produzione di olive. Col mix di caldo e siccità, la pianta si trova, dunque, costretta a sacrificare parte della sua produzione».

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Sin qui le osservazioni tecniche, che potrebbero essere superate se le previsioni di questi giorni sulla fine del caldo africano e l'arrivo di un po' di pioggia, potrebbero migliorare la situazione. Anche perché l'88% della produzione italiana è concentrata al Sud: precisamente in Puglia (37%), Calabria (33%), Sicilia (9,5%) e Campania (6%), regioni nelle quali il problema dell'approvvigionamento idrico non è avvertito nella stessa misura che nella Pianura Padana ma è a macchia di leopardo, precisamente in Sicilia e in parte della Puglia mentre, per quanto riguarda l'area appenninica della Campania e della Calabria, la situazione è decisamente meno grave anche se il caldo non manca anche qui.

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In particolare, in Campania, a soffrire di più sono state le provincie di Avellino e Benevento soprattutto a causa dei venti caldi assolutamente anomali da queste parti. Umberto Comentale, coordinatore regionale dell'Aprol è moderatamente ottimista: «Nella nostra regione sono state settimane molto calde, ma il problema della siccità non ha dimensioni drammatiche grazie alle abbondanti piogge primaverili e ad alcuni temporali estivi che hanno sostenuto le piante contro lo stress idrico. Se davvero avremo altre piogge dovremo stare tranquilli, mosca olearia a parte. Diciamo che i veri conti si potranno fare solo a settembre, quando il quadro sarà chiaro». Infatti il pericoloso insetto si fa vivo proprio nella fase finale della raccolta ed è da sempre il parassita più preoccupante per i produttori italiani perché potrebbe danneggiare ulteriormente la quantità e la qualità delle produzioni.

Il nodo di fondo comunque è che per il nostro paese è venuto il momento di ripensare strategicamente il problema delle risorse che sino a poco tempo fa abbiamo dato per scontate, dal gas all'acqua. Nonostante non sia il primo anno in cui ci sono problemi di siccità (ricordiamo, di recente, l'annata 2018), poco o nulla è stato fatto per razionalizzare le risorse e smettere di comportarci come se tutto possa essere risolto naturalmente senza l'intervento umano. Il Glibal warming impone nuove sfide. Secondo Cia «sono necessari per l'olivicoltura invasi e infrastrutture idriche moderne, oltre a una migliore gestione del suolo, con tecniche volte al contenimento delle perdite idriche».
Il settore olivicolo italiano è attualmente uno dei protagonisti più importanti a livello internazionale. Nell'ambito del bacino del mediterraneo, dove si concentra oltre il 75% della produzione mondiale di olive, l'Italia, insieme alla Spagna, alla Tunisia e alla Grecia gioca un ruolo fondamentale. La produzione nazionale incide per il 15% su quella mondiale e il settore si caratterizza per essere il secondo esportatore dopo la Spagna, un paese che è alle prese con gravi problemi di siccità.

Non è un caso che si stanno affacciando sul mercato paesi più abituato ad affrontare l'emergenza idrica, soprattutto della Tunisia dove la strategia di rinnovamento generalizzato del settore a partire dal settore primario fino ad arrivare ai frantoi sta dando importanti risultati. Secondo dati non ancora definitivi, peraltro, il paese magrebino ha prodotto 240 mila tonnellate, superando la Grecia unico tra i principali player ad aver ridotto le produzioni causa la siccità estiva dello scorso anno. Salto in avanti di tutto rispetto anche per il Marocco, mentre, nella Ue, è il Portogallo ad aver effettuato investimenti rilevanti e la produzione di questa campagna, praticamente il doppio della precedente.

L'olio d'oliva è il grasso strategico per l'alimentazione del futuro, la vera base della dieta mediterranea: sinora è stato trattato come una commodity anche se il numero delle dop in Italia è in continua e costante crescita e la qualità finale è altissima: il risultato finale infatti dipende sia dalla qualità del frutto sia dalla capacità di applicare tecniche moderne di lavorazione. La partita che si sta giocando su questo fronte, dunque, è non meno importante di quella dell'approvvigionamento energetico anche se non ne siamo altrettanto consapevoli a livello istituzionale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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