Introdotta in via sperimentale per tre anni nel 2019 dall'allora governo gialloverde e sottoscritta nel contratto di governo firmato da M5S e Lega a metà 2018, Quota 100 prometteva di rivoluzionare il sistema pensionistico italiano. Fortemente sostenuta dall'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, avrebbe dovuto mandare in pensione almeno 300mila quotisti ogni anno, circa un milione di persone nel triennio. A bilancio vennero messi 21 miliardi che insieme ai fondi per il Reddito di Cittadinanza misero a dura prova i conti dello Stato. Il tutto per superare la legge Fornero che è ancora in agguato e tornerà operativa dal 1 gennaio 2022.
STOP CORSA
Al netto delle dichiarazioni del leader della Lega Salvini sull'efficacia e la rivoluzione portate da Quota 100, la corsa alla pensione con 62 anni di anzianità e 38 di contributi non c'è stata.
IL NO DELL'OCSE
Tutto questo mentre già dallo scorso anno l'Ocse nel rapporto Pensions at glance bacchettava l'Italia, sottolineando come nel nostro Paese l'età media di pensionamento fosse a 62 anni, a fronte di una spesa previdenziale del 16,2 per cento del Pil, al secondo posto nella classifica dei Paesi europei. Nel 2020 la spesa previdenziale è salita al 17 per cento. Al netto della probabile verifica di governo che potrebbe dare il buon anno a Giuseppe Conte, dello scontro in atto sulle opzioni in agenda da inserire nei progetti per il Recovery Fund (per tacere del Mes sanitario) e della fine del blocco dei licenziamenti che a marzo potrebbe portare una debacle sociale non indifferente, dunque, la priorità per scongiurare uno scalone di cinque anni previsto nel 2022 dalla Legge Fornero, è proprio metter mano a una sostanziale riforma pensionistica in tempi brevi. E che la situazione sia quantomai urgente, lo dice anche l'inserimento in manovra finanziaria - passata ieri all'esame del Senato per l'approvazione definitiva - della nona salvaguardia per i 2.400 esodati, insieme al mantenimento dell'opzione donna, dell'Ape sociale e dell'anticipo per i lavoratori precoci.
QUOTA 102?
Il governo starebbe quindi pensando a una sorta di Quota 102: in pensione a 64 anni (soglia minima) con 38 di contributi. Dei 21 miliardi iniziali, Quota 100 ne lascerà sul tavolo diversi, rimasti inutilizzati e che entreranno di diritto nelle risorse che in via XX Settembre prevedono per la futura riforma: non più un minimo di 8 miliardi come è stato per Quota 100 ma una riduzione a 5 miliardi con la speranza poi di scendere ulteriormente. La soluzione però non piace ai sindacati che reclamano una maggiore flessibilità. Il nodo restano sempre i fondi.