Pensioni, gli under 35 al lavoro fino a 74 anni (per un assegno «dignitoso»): ecco la ricerca che allarma

Secondo Cng ed Eures solo in questo modo l’assegno potrebbe essere «dignitoso». Governo all’opera: possibili interventi su fondi integrativi e riscatto della laurea

Pensioni, gli under 35 al lavoro fino a 74 anni (per un assegno «dignitoso»): ecco la ricerca allarma
Pensioni, gli under 35 al lavoro fino a 74 anni (per un assegno «dignitoso»): ecco la ricerca allarma
di Giacomo Andreoli
Mercoledì 9 Agosto 2023, 22:58 - Ultimo agg. 10 Agosto, 11:00
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Per avere una pensione «dignitosa» centinaia di migliaia di giovani che oggi hanno meno di 35 anni dovranno lavorare in media fino a quando ne compieranno 74. E per dignitosa si intende poco più di mille euro al mese. È il dato più allarmante che emerge dalla ricerca «Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani», realizzata dal Consiglio nazionale dei giovani assieme a Eures. Ma anche le altre cifre fanno riflettere, mostrando come nei prossimi anni si rischi l’esplosione di una bomba sociale. «La combinazione di discontinuità lavorativa e retribuzioni basse per i lavoratori under 35 - spiega la presidente del Consiglio, Maria Cristina Pisani - determinerà un ritiro dal lavoro solo per vecchiaia, con importi pensionistici prossimi a quello di un assegno sociale». Una situazione che sarà «socialmente insostenibile», per cui c’è la «necessità di un dibattito più approfondito sulle questioni previdenziali, che tenga conto delle esigenze dei giovani».

Pensioni, le proiezioni

Con le regole attuali, le proiezioni pensionistiche dei 3,2 milioni di giovani iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, considerando in particolare chi è più povero, parlano chiaro. Gli under 35 potrebbero in teoria lasciare il lavoro dopo il 2050, cioè a 66,3 anni, ma l’assegno medio sarebbe di 1.044 euro lordi (circa 900 netti). Si tratta di appena il doppio dell’assegno sociale, dato a chi è praticamente incapiente. Ma per andare davvero in pensione bisogna aver maturato un assegno che sia 2,8 volte superiore al minimo. Quindi bisognerebbe aspettare in media i 69,6 anni e l’importo dell’assegno raggiungerebbe, sempre in media, i 1.249 euro (951 euro mensili al netto dell’Irpef). Per avere un’entrata dignitosa, di 1.577 euro (1.099 al netto dell’Irpef), servirebbe quindi un’uscita posticipata a 73,6 anni, ovvero dopo oltre 52 anni di permanenza - in ampi tratti discontinua - nel mercato del lavoro. 
Per i lavoratori con partita Iva (sempre con permanenza almeno fino al 2057 e un ritiro a 73,6 anni) l’importo dell’assegno pensionistico sarebbe in media di 1.650 euro lordi mensili (1.128 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,3 volte l’assegno sociale.

Per loro la prima finestra utile di pensionamento si aprirebbe attorno ai 69 anni e prevederebbe un assegno pensionistico di 1.055 euro, cui corrispondono 806 euro al netto dell’Irpef.

I correttivi

Secondo Alessandro Fortuna, consigliere di presidenza del Cng con delega alle politiche previdenziali, «le stime evidenziano la grave distorsione del sistema pensionistico, che non soltanto proietta nel tempo le diseguaglianze reddituali, rinunciando alla redistribuzione, ma addirittura risulta punitivo verso i lavoratori con redditi più bassi, costretti a permanere nel mercato del lavoro (al di là dell’anzianità contributiva) per tre o addirittura sei anni più a lungo dei loro coetanei con redditi più alti e a una maggiore stabilità lavorativa».
Il governo è consapevole dell’emergenza, ma ancora non ha messo in campo dei correttivi. Gli interventi potrebbero arrivare a partire dalla prossima legge di Bilancio. L’idea è istituire forme di garanzia per la previdenza pubblica. Ma anche agire sul riscatto della laurea. Se ci saranno i soldi potrebbe essere abbassato il costo di quello agevolato per gli under 35. Ogni anno riscattato, oggi, costa 5.776 euro. Così non si dovrebbe arrivare esattamente a una pensione minima di garanzia per tutti (i sindacati chiedono che sia di almeno 600-650 euro per ciascuno e ciascuna), ma verrebbero garantiti aiuti per far aumentare l’assegno, non gravando troppo sulle casse dello Stato. Si lavora quindi con la riforma fiscale, da completare entro due anni, a sgravi e detrazioni aggiuntive per la previdenza integrativa, favorendo l’accesso ai fondi pensione. Una prima mossa già discussa è uno sgravio al 100% di un anno dal versamento dei contributi per promuovere l’occupazione degli under 30 nella consulenza finanziaria. Ad essere coinvolta sarebbe in primis Enasarco, ente di previdenza integrativa a cui gli agenti di commercio sono obbligati a versare i contributi sulle provvigioni. Tutti questi interventi, però, potrebbero far salire solo leggermente le pensioni medie dei giovani.

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