«Recovery plan, il Mezzogiorno sia locomotiva del Paese»

«Recovery plan, il Mezzogiorno sia locomotiva del Paese»
di Nando Santonastaso
Domenica 26 Giugno 2022, 08:00 - Ultimo agg. 19:01
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«Non c'è bisogno di una seconda locomotiva. La vera locomotiva del Paese deve diventare il Mezzogiorno». Le parole di Antonio D'Amato, già presidente di Confindustria e oggi della Fondazione Mezzogiorno, danno il senso vero dell'attesa e dei dubbi che accompagnano la riscoperta centralità del Sud sancita dal Pnrr. Anche la seconda giornata del meeting di Maratea, organizzato dalla Fondazione Merita e dalla Fondazione Nitti (oggi le conclusioni) conferma l'opportunità, o meglio l'obbligatorietà della scelta di puntare sull'area più in ritardo per rilanciare l'economia nazionale, ma al tempo stesso ne evidenzia possibili criticità e non solo per via dei tempi molto stretti a disposizione.

D'Amato ribadisce che «serve un deciso cambio di passo, a cominciare dalla classe dirigente e da noi, uomini e donne del Sud, che invece di criticare altri, faremmo bene a imparare a lavorare insieme e uniti». E questo, per il patron del gruppo Seda, vuol dire anche fare a meno di ideologismi e demagogia a proposito della transizione ecologica, punto forte del Pnrr ed elemento strategico per lo sviluppo del Mezzogiorno considerata la forte presenza di fonti energetiche rinnovabili.

Nessun dubbio sulla sostenibilità come elemento irrinunciabile del nuovo modello di sviluppo, a cominciare dall'economia circolare. Ma il rischio di una deindustrializzazione dell'Italia e dell'Europa, dice D'Amato, potrebbe essere tutt'altro che virtuale se non si tiene conto di analoghi errori del passato. 

La transizione non va frenata, avverte, però, il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, convinto che per l'industria italiana ed europea si sia aperta l'opportunità di una profonda riconversione alla quale, come sottolinea anche il vice presidente di Confindustria Vito Grassi, «il contributo del capitale privato dovrà essere sempre più ampio e soprattutto necessario». L'energia resta, comunque, almeno nell'immediato il vero scenario della possibile svolta per il Mezzogiorno. Di hub energetico mediterraneo parla non a caso l'industriale Marco Zigon, presidente della Fondazione Matching Energies, ricordando che non basta avere quote significative di produzione di eolico e solare se non si investe nelle rinnovabili anche dal punto di vista industriale. Questo vuol dire destinare capitali e ricerca anche all'idrogeno verde che può rappresentare un'ulteriore garanzia di indipendenza energetica del Paese rispetto al gas russo. Per farlo, però, bisognerebbe marciare in un'unica direzione e la cosa non sembra così scontata. Li dimostra il fatto che dopo il no al rigassificatore di Napoli da parte dell'autorità portuale e dei movimenti ambientalisti, il ministero della Transizione ecologica ha riproposto il bando sperando che l'emergenza, aggravata dalla guerra in Ucraina, faccia cambiare idea e permetta anche a Napoli di contribuire ad approvvigionare il Paese di gas liquefatto acquistato all'estero. È solo un esempio di come resti complicata la strada da intraprendere, specie al Sud dove, come ricorda sempre D'Amato, i ritardi di sviluppo e di occupazione impongono già da anni una seria politica industriale, superando nella spesa dei fondi europei quella che l'industriale napoletano definisce il «fallimento del regionalismo».

«Sono quattro, decisivi i cantieri del Pnrr su cui si gioca il futuro del Sud - dice Claudio De Vincenti, presidente onorario della Fondazione Merita e già ministro per il Sud -: l'istruzione e la formazione, gli investimenti infrastrutturali nell'energia, nei trasporti e nella logistica, l'innovazione del tessuto industriale, la transizione verde nel sistema produttivo. Sciogliere questi nodi significa non solo avviare la chiusura del divario ma candidare l'Italia e il suo Mezzogiorno a diventare la piattaforma logistica e produttiva dell'Europa nel Mediterraneo. Ruolo che può essere oggi decisivo: la riconfigurazione in atto nelle relazioni commerciali e produttive internazionali implica che la ricostituzione delle catene globali del valore passi in misura significativa dal Mediterraneo quale baricentro delle interazioni tra economie europee e asiatiche e ponte verso il continente africano».

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«Le priorità per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno sono legate alle infrastrutture - sottolinea dal canto suo, l'amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Dario Scannapieco -. L'importante è che il Mezzogiorno non sia la causa delle delusioni che dà a se stesso, quindi bisogna dotarsi di un'amministrazione preparata, competente, di una programmazione seria; mirare alle priorità che poi generano esternalità positive e che favoriscono anche gli investimenti dei privati è un qualcosa che non è più differibile. Oggi le risorse ci sono - aggiunge Scannapieco - sono ingenti e se impiegate adeguatamente saranno anche un'occasione per accrescere la qualità delle politiche ordinarie nell'azione amministrativa. Il Mezzogiorno potrà allora veramente conseguire un miglioramento delle prospettive di sviluppo. Cassa è impegnata in questo, è a fianco delle amministrazioni, sta giocando un ruolo nel Pnrr e nel dialogo con le amministrazioni ma prima di essere aiutato occorre che il Mezzogiorno si aiuti da solo». 

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