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Nuova Irpef più leggera sugli aumenti di stipendio, ma il calo non è per tutti

Con la riforma ridimensionato il picco dell’aliquota marginale fino a 40mila euro

di Luca Cifoni
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 28 Dicembre 2021, 22:40 - Ultimo agg. : 29 Dicembre, 11:24
4 Minuti di Lettura

La nuova Irpef fa saltare il salasso su aumenti di stipendio e straordinari che riguardano le retribuzioni tra i 35 mila e i 40 mila euro l’anno. E alleggerisce il prelievo sugli analoghi incrementi per i redditi un po’ più bassi, dai 28 mila euro in su. Ma per la altre fasce di contribuenti la riforma porta notizie meno positive da questo punto di vista. L’insieme delle regole destinato a entrare in vigore il prossimo anno modifica non solo le aliquote medie, ovvero il peso dell’imposta sul reddito complessivo del contribuente, ma anche quelle marginali effettive, cioè la quota di un eventuale reddito aggiuntivo che l’interessato non vedrà perché andrà allo Stato, direttamente nel cedolino dello stipendio nel caso dei lavoratori dipendenti.

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La convenienza -  Si tratta di un aspetto importante perché - almeno sul piano teorico - l’entità di questo prelievo rende più o meno conveniente lavorare di più o perseguire un avanzamento di carriera. Tra gli obiettivi espliciti della riforma complessiva, di cui le novità inserite in legge di Bilancio dovrebbero essere il primo “modulo”, c’è proprio quello di eliminare le attuali distorsioni delle aliquote marginali effettive in un sistema progressivo: effettive nel senso che l’importo assorbito dalla tassazione dipende non solo dall’aliquota nominale applicata sulla “porzione” più alta del reddito, ma anche dal venir meno di detrazioni e bonus, al crescere del reddito stesso. Proprio il bonus 100 euro riservato ai lavoratori dipendenti, erede di quello da 80 voluto a suo tempo da Matteo Renzi, creava un problema per la fascia tra i 35 mila e i 40 mila euro l’anno, per il suo ripido decalage. Che si traduce in una aliquota marginale effettiva del 61 per cento: vuol dire ad esempio che chi passa da 37 a 38 mila euro ne perde 610 solo di Irpef, senza contare i contributi previdenziali già sottratti e poi le addizionali di Regione e Comune. Con la riforma il prelievo marginale scende invece al 43,7 per cento: sempre alto ma meno invasivo. Cosa succede per gli altri livelli di reddito? Lo scenario è variegato. Per quelli molto bassi, dalla soglia in cui l’Irpef inizia ad essere dovuta fino ai 15 mila euro l’anno, il prelievo scende dal 27,5 al 23 per cento (perché la detrazione per lavoro dipendente sarà fissa e non più decrescente e dunque “agisce” solo la prima aliquota nominale che è pari appunto al 23%). Al di sopra di questo livello e fino a 28 mila c’è invece un aggravio, si passa dal 31,5 al 34,2. Al contrario fino a 35 mila euro l’anno l’aliquota effettiva si addolcisce un po’ calando dal 45 al 43,7 per cento. Per le retribuzioni un po’ più alte, oltre i 40 mila euro e fino ai 75 mila il prelievo cresce di un paio di punti, arrivando al 43,7 per cento e poi allineandosi gradualmente al 43. Che è l’aliquota effettiva (in questo caso coincidente con quella nominale) applicata oltre i 75 mila euro di reddito l’anno, livello per il quale non cambia nulla rispetto alla situazione precedente. Nell’insieme quindi la curva del prelievo si normalizza, con la scomparsa del picco più vistoso in corrispondenza dei redditi medi. Sarà una buona notizia ad esempio per i dipendenti pubblici che ricadono in questa fascia e che saranno presto interessati dal rinnovo contrattuale che in termini di retribuzione lorda vale circa il 4 per cento. Come detto però per qualcun altro, in particolare a un livello un po’ più alto, la fetta di aumento “rosicchiata” dal fisco sarà invece leggermente più grossa.

I punti critici -  Per questo primo intervento sull’Irpef il governo ha messo in campo circa 7 miliardi l’anno. Le novità valgono per l’anno 2022 ma con tutta probabilità saranno pienamente operative solo nel mese di marzo, con relativa compensazione degli arretrati. Dovranno infatti essere aggiornati i programmi informatici usati dalle aziende per compilare i cedolini degli stipendi, mentre l’Agenzia delle Entrate provvederà a redigere la circolare che deve disciplinare tutti i casi particolari di applicazione. Tra i punti critici che con tutta probabilità emergeranno c’è proprio quello relativo al “vecchio” bonus 100 euro che resta per i dipendenti con reddito fino a 15 mila euro ed anche con quelli al di sopra di questa soglia, ma solo nel caso siano penalizzati dall’effetto congiunto delle varie detrazioni, comprese quelle personali relative ad esempio a mutui o ristrutturazioni. Queste informazioni non sono però in possesso del datore di lavoro che deve calcolare le trattenute.

Ascolta: Assegno unico: figli, Isee, autonomi e detrazioni. Cosa cambia e come ottenerlo

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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