Scudieri: «La trasformazione verde non può essere il pretesto per ridurre posti di lavoro»

Scudieri: «La trasformazione verde non può essere il pretesto per ridurre posti di lavoro»
di Nando Santonastaso
Giovedì 18 Novembre 2021, 10:19
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Presidente Scudieri, oggi e domani Napoli ospita l'assemblea generale dell'Oica, l'Organizzazione mondiale dei costruttori di autoveicoli che comprende anche la componentistica: che decisioni prenderete?

«A Napoli, che ho candidato come presidente dell'Anfia (l'Associazione nazionale della filiera dell'industria automobilistica) a sede di un evento a dir poco straordinario risponde Paolo Scudieri, presidente della filiera italiana dell'automotive e del gruppo Adler ci sarà lo scibile mondiale del nostro settore. I principali costruttori di autoveicoli e i leader della componentistica definiranno la proposta da sottoporre ai governi e ai mercati per lo scenario dei prossimi anni per la gestione della transizione ambientale. Ed è importante sottolineare che sono proprio i Paesi latini dell'Europa, come l'Italia, la Spagna e anche per molti versi la Francia ad essere particolarmente uniti nell'indicare una strategia capace di coniugare la riduzione delle emissioni con le esigenze sociali delle nostre comunità».

Vuol dire motori e autoveicoli sempre meno inquinanti ma non a discapito dell'occupazione?
«Esattamente così. Non possiamo pensare di trasformare questo processo in una sorta di mattatoio sociale con la perdita o l'azzeramento di posti di lavoro. I tempi indicati dall'Ue per il comparto dei trasporti e dunque anche dell'automotive sono assai ravvicinati. L'Europa nel suo complesso rappresenta circa il 10 per cento del totale delle emissioni di Co2 e il peso dell'auto in questa percentuale è dello 0,8-0,9 per cento. Ma a fronte di 12 milioni di posti di lavoro riconducibili all'intero comparto, di cui un milione e 200mila in Italia tra diretti e indiretti, e di un gettito fiscale che solo nel nostro Paese raggiunge gli 80 miliardi di euro, pensare a una scelta così draconiana come lo stop entro il 2035 ai motori endotermici (a combustione interna, ndr), sia a benzina sia diesel, metterebbe al bando circa il 40 per cento dei posti di lavoro attuali».

Ma è possibile un ragionevole compromesso tra le due esigenze, quella della sostenibilità ambientale e quella della tutela dell'occupazione?
«L'obiettivo Ue di ridurre l'inquinamento va senza dubbio condiviso ma occorrono modalità tecniche più razionali e scadenze temporali diverse.

Non possiamo bloccare la crescita né stoppare le professionalità del nostro comparto, l'ascensore sociale, e più in generale tutto ciò che può portare beneficio ad una società che vuole continuare ad evolversi».

L'elettrico non risolverà la questione? O bisognerà attendere l'auto a idrogeno?
«Ogni tecnologia ha i suoi tempi che dipendono anche dalla riuscita dell'indispensabile sinergia tra pubblico e privato. Le case automobilistiche e la componentistica fanno passi in avanti per la neutralità tecnologica, come nel caso dell'utilizzo di batterie per l'elettrico che dureranno sempre di più o ricorrendo il meno possibile al litio per non essere inquinanti: ma poi è la parte pubblica che deve assumersi l'onere di infrastrutturare i territori per garantire la corretta fruizione dell'auto elettrica e il ritorno dell'investimento. Lo stesso ragionamento vale per l'evoluzione dell'idrogeno che vedo benissimo come largo impiego per le medie e lunghe percorrenze, dai treni ai Tir: rappresenta infatti la possibilità di un bilanciamento tecnologico rispetto a chi sulle batterie è molto più avanti di noi come i Paesi asiatici, con conseguenti, pericolose distorsioni di mercato perché impediscono la libertà competitiva».

È quanto accade anche con la crisi dei chip che ha gelato il mercato dell'auto?
«Decisamente. La pandemia si è abbattuta sull'industria mortificando la democrazia dell'intrapresa e la stessa storia dell'Europa che è sempre stata incentrata sullo sviluppo dell'automotive e del motore endotermico. E quest'ultimo, attraverso lutilizzo di carburanti sintetici, può garantire zero inquinamento da Co2 o bassissime emissioni. Per esempio una grande casa costruttrice come Porsche sta già costruendo una raffineria per poter alimentare questo motore con questo tipo di carburante. Ecco perché chi indica l'elettrico come unica strada non inquinante deve riflettere».
 

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