La tratta delle nigeriane: prelevate
da falsi parenti nei centri accoglienza

La tratta delle nigeriane: prelevate da falsi parenti nei centri accoglienza
di Katiuscia Guardino
Mercoledì 23 Ottobre 2019, 08:44
2 Minuti di Lettura
Schiave del sesso nigeriane reclutate anche in Irpinia. Una tratta di prostitute costrette a obbedire all'organizzazione internazionale con minacce e violenze. Alcune di loro sono state portate via dai centri di accoglienza di Serino, del tutto estranei alla vicenda e all'oscuro di quanto accaduto perché gli aguzzini si presentavano nelle strutture come fratelli, mariti o parenti delle immigrate ospiti.
 
La vicenda è venuta fuori nel corso del processo che si sta tenendo davanti alla Corte d'Assise di Perugia. Un processo che è alle battute finali. Sono cento gli anni di carcere chiesti nella sua requisitoria dal procuratore Dda Petrazzini nel corso dell'ultima udienza. Un'associazione capillare che curava sin nei minimi particolari la selezione in Nigeria e l'arrivo delle ragazze in Italia da destinare al mercato della prostituzione e, in alcuni casi, anche a quello di noti night club del Nord Italia. Compiti ben precisi rivestiti dagli otto imputati, sette uomini e una donna, che curavano tutti i dettagli di una operazione altamente redditizia.

Uno degli imputati - difeso dal penalista avellinese, Rolando Iorio aveva il compito di reclutare le ragazze in Campania e di farle trasferire a Perugia. L'incubo per le giovani, alcune anche minorenni, iniziava nel momento in cui, con false promesse di lavoro, venivano indotte a lasciare i loro villaggi e venivano quindi portate in Libia dove restavano chiuse, a volte anche per mesi, in veri e propri ghetti situati in prossimità dei luoghi di imbarco, in attesa della traversata per l'Italia. Proprio nei ghetti libici che iniziava l'incubo. Qui venivano picchiate e violentate. Sottomesse con riti voodoo.

Giunte in Sicilia e in Calabria, le ragazze venivano affidate ai vari centri di accoglienza disseminati sul territorio nazionale. Dalle strutture, nutrendo l'ingenua speranza di un lavoro onesto come loro promesso, contattavano i numeri telefonici avuti prima di partire dalla Libia. Ecco che allora si presentavano nei centri di accoglienza gli affiliati addetti al recupero ed alla selezione delle giovani da avviare alla prostituzione.

Per la Campania questo ruolo era ricoperto dal nigeriano Edokpor Unity assistito dall'avvocato Iorio. A lui il compito di recuperare le ospiti dai centri di accoglienza, del tutto estranei alla vicenda. Come nel caso di quello di Serino. Dall'Irpinia, dunque, il viaggio verso Perugia, dove erano costrette a prostituirsi per arrivare a coprire i soldi del riscatto (tra i 20 e i 25mila euro). In pratica il costo del viaggio. Per chi tentava di ribellarsi scattavano le violenze e le minacce alle famiglie nel Paese d'origine. Raccapriccianti le intercettazioni telefoniche, dalle quali emerge la disperazione delle giovani costrette a subire di tutto. Buona parte di loro, però, ha negato l'esistenza del traffico davanti ai giudici. La prossima udienza è fissata a Perugia per il 14 novembre.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA