Imporre il dress code alle studentesse non è reato, Bellomo archiviato a Milano

Imporre il dress code alle studentesse non è reato, Bellomo archiviato a Milano
Venerdì 25 Ottobre 2019, 10:42
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MILANO Il docente era inopportuno, ma non uno stalker. Imponeva dress code per il giorno e per la sera, stabiliva la lunghezza delle gonne (sempre più corte) e l’altezza dei tacchi, ad alcune consigliava il «look da bambola» e ad altre il «look trasgressivo» con trucco marcato. Tuttavia, sebbene «molte delle richieste rivolte alle borsiste appaiano inconferenti con quelli che sono i normali caratteri di un rapporto di collaborazione accademica e siano state sovente avanzate con insistenza attraverso telefonate in tarda serata e invio di e-mail, non può ritenersi che le stesse valgano a integrare una condotta abituale di molestia e minaccia». Lo scrive il gip di Milano Guido Salvini nel provvedimento con cui ha archiviato, come richiesto dalla procura, l’inchiesta milanese sull’ex consigliere di Stato Francesco Bellomo, accusato di stalking e violenza privata nei confronti di quattro studentesse della sede lombarda della scuola di preparazione alla magistratura “Diritto e scienza”.
RECIPROCITA’
Di certo, spiega il gip, era «decisamente poco consono a un corso per la preparazione dell’esame di magistratura» la circostanza, riferita da numerose studentesse, secondo cui la proposta di diventare borsiste nasceva «dall’immagine esteriore delle ragazze e non dall’essersi distinte per conoscenze giuridiche nella prima fase delle lezioni. Ma anche questa circostanza in sé non è di rilievo penale». Per il giudice «l’attività svolta dal dottor Bellomo nella gestione della sua scuola ha avuto come conseguenza la massima sanzione, quella della destituzione da consigliere di Stato, ma con questo si esauriscono le conseguenze di un comportamento, pur certamente singolare perché, per quanto concerne almeno il segmento milanese del corso di scienza e diritto, non si ravvisano condotte rilevanti sul piano penale». Salvini fa presente anche che «molti dei contatti intervenuti tra Bellomo e le studentesse non siano stati posti in essere in via unilaterale da parte dell’indagato, ma si siano iscritti nell’ambito di una rete di scambi connotata da reciprocità tra l’indagato e le studentesse». Reciprocità sottolineata anche dai pm nella richiesta di archiviazione.

«AGENTE SUPERIORE»
Prima dell’udienza in Camera di consiglio Francesco Bellomo, difeso dall’avvocato Beniamino Migliucci, ha depositato un’ampia memoria a sua firma nella quale sostiene che «il contratto di borsista e di collaboratore del corso davano la possibilità di frequentare gratuitamente per un anno il corso stesso e di collaborare con la società “Diritto e scienza”», che la firma di tale contratto è «sempre stata frutto di libera scelta e che non vi è stata mai alcun imposizione tanto è vero che chi aveva voluto rinunziare lo aveva fatto».
Finalità del corso, scrive il gip, «non era solo quella di offrire un completo sapere giuridico ma anche una forma di addestramento onde evitare fallimenti, in sostanza portare i suoi partecipanti, anche sul piano psicologico e delle capacità globali, a una sorta di “potenziamento” sino a quel livello di “agente superiore” che del resto, secondo Bellomo, è proprio del ruolo di magistrato nel sistema attuale». I risultati sono sempre stati «ottimi», tanto che la percentuale di coloro che, dopo la partecipazione al corso, ha superato il concorso per entrare in magistratura «è stata notevolmente superiore rispetto alla media nazionale e in particolare tutte le borsiste milanesi, indicate nel presente procedimento, hanno superato il concorso», specifica il giudice. Nessuna studentessa in ogni caso, come emerge dall’esame delle testimonianze rese nel corso dell’indagine e anche in sede disciplinare, «ha subito alcuna forma di prevaricazione, semmai vi è stato una sorta di interesse e di infatuazione nei confronti della sua figura senza alcuna conseguenza significativa».
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