dalla nostra inviata
COLOGNO MONZESE (MILANO) L’ultimo video di Sofia Castelli, vent’anni, è anche quello delle poche ore di vita che le restano. Una serata al “The beach club” con le amiche fino all’alba, il ritorno a casa a Cologno Monzese, l’immagine della palazzina gialla di sei piani in corso Roma dove abitava. Sono le 5.58 di domenica e ad aspettarla c’è Zakaria Atqaoui, 23 anni, l’ex fidanzato. Un tipo che, nelle descrizioni più benevole degli amici della ragazza che fanno capannello davanti alla caserma dei carabinieri durante il suo interrogatorio meditando vendetta, «è uno senza arte né parte». Riesce a entrare in casa, l’aggredisce con un coltello afferrato nell’appartamento e la colpisce più volte alla gola, uccidendola.
LA CONFESSIONE
Alle sette e mezza di mattina Zakaria si presenta alla polizia locale per costituirsi: «Sofia è morta.
STUDIO E LAVORO
Sulla panchina della pensilina del bus davanti a casa qualcuno appoggia un mazzo di garofani bianchi, nel quartiere tutti conoscevano la ventenne. «Era bella come il sole. Una brava ragazza, tranquilla», la ricorda un amico. Studiava sociologia all’Universita Bicocca, lavorava in un supermercato della zona, una famiglia stimata. Il papà Diego Castelli è chimico in una ditta locale e nel tempo libero allena la squadra di calcio dei piccoli del San Giuliano, la mamma Daniela Zurria è maestra di asilo nido. Giovedì sono partiti per la Sardegna con il figlio minore, una vacanza per festeggiare i cinquant’anni di matrimonio dei genitori di Daniela, e Sofia avrebbe dovuto raggiungerli.
«Una famiglia per bene, trattavano Zakaria come un terzo figlio», assicurano gli amici. L’hanno accolto a casa, per due anni ha vissuto con loro, poi la storia con Sofia si incrina, per un paio di volte si lasciano e si riprendono, fino a quando lei chiude definitivamente. O almeno così pensava. Atqaoui, di origini marocchine, considerava Sofia un possesso, riteneva inaccettabile che qualcuno potesse sostituirlo. «È un provocatore, un tossico, non ha un lavoro, non fa niente nella vita», ripetono gli amici di Sofia che cercano di intuirne la sagoma dietro le finestre della caserma. «Prima o poi esce, noi siamo qui ad attenderlo».