Medici pontini a caccia di Uscar. Che fine hanno fatto le Unità speciali di continuità assistenziale regionale che, come riconosciuto dal Tar del Lazio con sentenza del 16 novembre scorso, avrebbero dovuto supportare i medici di famiglia nella cura domiciliare dei pazienti Covid? In molte realtà sono state impiegate prima nelle case di cura e poi negli hotel Covid e nei drive-in a fare i tamponi. Il Sindacato medici italiani, promotore del ricorso al Tribunale amministrativo, alla luce della sentenza ha chiesto ai vertici delle Aziende sanitarie l'attivazione delle Uscar/Usca. A prendere carta e penna è stato il dottor Luigi Martini, medico a Sabaudia e segretario locale di Smi, che ha chiesto conto delle Uscar direttamente al direttore generale e al direttore sanitario della Asl pontina, rispettivamente Giorgio Casati e Giuseppe Visconti. «Finora siamo stati noi a gestire i pazienti Covid a domicilio ha spiegato grazie anche all'attivazione da parte della Asl di Latina della telemedicina. All'occorrenza siamo noi che andiamo a casa del paziente. Anche se i dispositivi di protezione necessari ad affrontare una visita in piena sicurezza non ci sono stati forniti. Ci hanno dato le mascherine chirurgiche, le mascherine ffp2 e i guanti. Ma occorrono anche altri dispositivi da indossare. Abbiamo chiesto almeno camici monouso ma neanche quelli ci hanno dato».
Il presidente dell'Ordine dei medici della provincia, Giovanni Maria Righetti, ieri ha chiesto ai sindacati iniziative volte alla tutela del decoro e della dignità dei medici di famiglia.
Il presidente Righetti, inoltre, chiede ai sindacati di verificare se effettivamente a Latina da vari giorni operano 14 medici presso Uscar assegnate h24 all'hotel Covid allo Scalo e al drive-in presso il Sani. «Verificheremo ha commentato il dottor Martini - ad oggi noi non abbiamo alcuna notizia sulle Uscar in provincia né ci è stato detto come contattarle in caso ne avessimo avuto bisogno per i nostri pazienti».
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