Assistenza ai pazienti, l’intelligenza artificiale più empatica dell’uomo

«ChatGpt risponde meglio ai bisogni più immediati ed elementari dei degenti»

Sclerosi multipla
Sclerosi multipla
di Ettore Mautone
Sabato 6 Aprile 2024, 23:52 - Ultimo agg. 8 Aprile, 07:25
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Chat GPT batte i migliori specialisti in neurologia nel gradimento delle risposte fornite a un gruppo di pazienti affetti da Sclerosi multipla. Questi ultimi in cieco, (ossia senza sapere che dietro lo schermo vi fosse anche un bot di intelligenza artificiale specializzato nella conversazione con un utente umano) sono stati invitati a esprimere la loro preferenza tra due risposte alternative (una dei neurologi, l’altra di Chat GPT) a diverse domande inerenti aspetti della loro patologia. Domande poste sia sul piano tecnico sia farmacologico e scientifico e comunque legate alle difficoltà quotidiane. La preferenza per Chat GPT, dipende dal grado di istruzione del paziente e cala al salire del livello dell’utente. Chi ha alle spalle una laurea, un master o un dottorato di ricerca o svolge lavori ad alto tasso di competenza gradisce maggiormente le risposte più articolate e dettagliate fornite dai neurologi.

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Lo specialista invece paga pegno sui livelli di interlocuzione più semplici. Paradossalmente la macchina sembra essere in grado di stabilire un rapporto sufficientemente «empatico» con il suo interlocutore tale da rassicurarlo su un piano colloquiale. Lo studio, pubblicato su Journal of Neurology, una delle maggiori riviste scientifiche internazionali, è della Società Italiana di Neurologia e ha coinvolto centri clinici appartenenti a 20 diversi ospedali e Università italiani con un coordinamento tutto napoletano: la Neurologia della università Vanvitelli, espressa da Simona Bonavita, Luigi Lavorgna ed Elisabetta Maida, la Neurologia della Federico II (Vincenzo Brescia Morra, Roberta Lanzillo e Marcello Moccia) e il Dipartimento di Igiene e Sanità pubblica della Federico II diretto da Maria Triassi e rappresentato anche da Raffaele Palladino e Giuseppina Affinito. Il coordinamento dello studio è stato di Luigi Lavorgna, neurologo della Vanvitelli ma è significativo che i primi nomi dello studio, Elisabetta Maida e Marcello Moccia, siano millenials, ossia giovani nativi digitali, specializzanda in Neurologia l’una e ricercatore della Federico II il secondo.

Il coordinatore 

«I ricercatori hanno verificato quanto e come chatGPT possa aiutare i pazienti - avverte Lavorgna - quando lo si usa per soddisfare dubbi, paure e incertezze riguardo la salute in una malattia cronica come la sclerosi multipla che per definizione non guarisce ma vive di riacutizzazioni, remissione, e necessita di una costante presenza del clinico anche ai fini dell’aderenza alla terapia». I pazienti sono stati scelti in quanto naturalmente inclini all’utilizzo di strumenti digitali nella gestione della loro patologia sia da un punto di vista generazionale (la Sclerosi multipla ha un esordio giovanile) che per la natura stessa della loro patologia che come detto ha un andamento cronico e necessita di un management costante. I ricercatori hanno messo i pazienti di fronte a varie domande tra quelle che più frequentemente vengono rivolte ai medici e due risposte (una formulata da chatGPT e l’altra da Neurologi esperti). I pazienti non sapevano quale fosse la risposta elaborata dai Neurologi e quale quella elaborata da chatGPT (studio in cieco). «L’obiettivo - aggiunge Lavorgna - era valutare quanto le due risposte fossero soddisfacenti ed empatiche rispetto ai bisogni manifestati dai pazienti.

Va tra l’altro chiarito che chatGPT elabora risposte comunque corrette da un punto di vista scientifico».

I risultati

Nel 51 per cento dei casi i pazienti preferiscono le risposte di chatGPT per le risposte ritenute “più empatiche” rispetto a quelle dei Neurologi. Quanto al linguaggio ChatGPT è stato ritenuto dai pazienti "più semplice e comprensibile" rispetto a quello usato dai Neurologi indicando uno dei punti deboli della comunicazione tra medico e paziente. Il linguaggio più semplice, immediato ed informale di ChatGPT convince la maggior parte delle persone non laureate. «Lo studio - conclude Lavorgna - sottolinea da un lato la necessità che i Neurologi siano più attenti al linguaggio che utilizzano modulando la complessità in base al livello culturale dell’interlocutore, dall’altra che chatGPT aumenti il livello di complessità per intercettare utenti di livello culturale più elevato adattando anche linguaggio e semantica».

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