Il presidente russo Vladimir Putin ha avviato le procedure parlamentari per uscire ufficialmente dal Trattato sulle forze convenzionali in Europa (Cfe), al quale Mosca ha già sospeso la sua adesione fin dal 2015 interrompendo la partecipazione alle riunioni del gruppo di consulenza.
Lo riferiscono le agenzie russe. Il trattato era in vigore dal 1990 ed emendato nel 1997 dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, ma i Paesi della Nato, lamenta Mosca, non hanno ratificato tali emendamenti.
Controllo
Il Trattato sulle forza convenzionali in Europa è uno dei più importanti strumenti di controllo degli armamenti. L’obiettivo Cfe era quello di stabilire una parità di forze ai più bassi livelli (40.000 carri armati, 60.000 veicoli blindati, 40.000 pezzi di artiglieria, 13.600 aerei da combattimento e 4.000 elicotteri d’attacco), divisi in uguale misura tra i due gruppi di Stati coincidenti, all’epoca della firma, rispettivamente con la Nato e il Patto di Varsavia. Su questa base, tra il 1992 e il 1995 sono state operate importanti riduzioni di armamenti, ammontanti a oltre 50.000 pezzi per entrambi gli schieramenti. Elemento di particolare importanza sono state le condizioni nelle quali sono avvenute le riduzioni e l’accertamento dei livelli residui di dotazioni: è stato effettuato un grandissimo numero di osservazioni degli eventi di riduzione e di ispezioni dei siti, contribuendo a creare un clima di fiducia tra gli Stati, ma anche instaurando una consuetudine di contatti e di cooperazione tra il personale militare di Paesi abituati a considerarsi come potenziali avversari.
Stati cuscinetto
Il primo strappo di Mosca avviene a dicembre 2007. Allo scoccare della mezzanotte, la Russia ha smesso di applicare il Trattato sulle forze convenzionali in Europa, decisione già annunciata il 13 luglio dal presidente Vladimir Putin. «La Russia – ha dichiarato il ministero degli Esteri – ha sospeso ogni attività riguardante l’applicazione del Trattato, ma non ha al momento progetti di aumento massiccio di armamenti alle frontiere». Il Cfe, prosegue la dichiarazione, «non corrisponde più da tempo alla realtà contemporanea e agli interessi della Russia nel campo della sicurezza», tuttavia Mosca «è pronta a proseguire il dialogo». Il comunicato russo faceva riferimento al fatto che i Paesi della Nato non hanno ratificato l’aggiornamento del Trattato, che tendeva ad adeguare le previsioni della convenzione alla realtà seguita alla scomparsa dell’Unione Sovietica.
Escalation nucleare
L’uscita definitiva di Mosca del Cfe, secondo gli osservatori internazionali, accresce i rischi di una potenziale escalation nucleare, anche perché segue di poco l’annuncio della Russia di sospensione unilaterale del Trattato New Start, decretata a febbraio scorso. Il New Start, Trattato di riduzione delle armi strategiche, limita le armi nucleari di Russia e Usa ed è stato rinnovato per cinque anni nel febbraio del 2021. Un aspetto importantissimo del New Start è che ciascuno Stato può verificare che la controparte si comporti rispettando le norme del Trattato. L’annuncio fatto dal presidente russo Vladimir Putin durante il suo discorso del 20 febbraio, a poche ore dall’anniversario dell’invasione dell’Ucraina, per gli analisti è preoccupante poiché, in prospettiva, potrebbe eliminare l’ultimo baluardo degli accordi di disarmo nucleare sanciti con la fine della Guerra fredda. Il New Start, in scadenza nel 2026, è infatti l’unico patto che garantisce la non espansione degli arsenali nucleari intercontinentali, ovvero i missili balistici. Nell’ambito dell’accordo, Russia e Usa devono fornire dati, numeri, tipo e ubicazione delle armi sulle quali opera in termini di vincoli il Trattato, comprese eventuali modifiche intervenute. È proprio su tale aspetto che Putin fonda l’annuncio della sospensione del New Start. La Nato secondo il presidente russo è a direzione Usa ed è parte attiva nella guerra in Ucraina, pertanto non può effettuare le ispezioni sulle armi atomiche russe previste dall’accordo: 18 all’anno, con un limitatissimo tempo di preavviso. E nel frattempo la Russia ha sviluppato nuovissimi vettori: il missile balistico intercontinentale pesante Sarmat, con testata nucleare, il veicolo ipersonico intercontinentale Vangard e il sottomarino nucleare Poseidon.