Rifiuti e droga, l'ex centro sportivo di Caivano ridotto a un cumulo di macerie

Viaggio nel Delphinia, teatro delle violenze sulle due ragazzine

L'ex centro Delphinia
L'ex centro Delphinia
di Adolfo Pappalardo
Lunedì 28 Agosto 2023, 23:01 - Ultimo agg. 30 Agosto, 07:01
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Il sequestro d’urgenza è del 24 luglio scorso «per l’esistenza di gravi rischi per la salute e l’incolumità pubblica», scrive la procura di Napoli Nord nel provvedimento. Non solo gli sversamenti di rifiuti tossici che si susseguono da anni ma anche ritrovo per i tossicodipendenti. Che lì si bucano e a volte ci muoiono anche. L’ultimo a fine luglio: un 42enne del Casertano il cui cadavere viene scoperto solo dopo qualche tempo. Poi dall’altro giorno si scopre come ad orrore si aggiunge altro orrore: l’ex centro Delphinia è teatro anche di alcuni episodi di violenza del branco contro le due cuginette di 10 e 12 anni del parco Verde di Caivano. E figuriamoci se un nastro rosso e un foglio A4 potevano mai fermare tutto questo. 

«Il centro sportivo deve essere ripristinato e reso funzionante il prima possibile», dice ieri la premier Giorgia Meloni nel primo Consiglio dei ministri dopo la pausa agostana.

E solo il governo può imprimere una svolta per riaprire questa struttura la cui storia è alquanto tormentata. Anche se è bastato meno di un lustro a ridurlo in poco più di un rudere, facendo sbiadire il ricordo delle palestre e della piscina semi-olimpionica da 25 metri. Non c’è più nulla da recuperare, ormai, se non forse i muri maestri. 

 

La realizzazione della struttura inizia subito dopo il terremoto del 1980 e va di pari passo con la costruzione di parco Verde. In totale 750 alloggi, 40 negozi, la chiesa San Paolo Apostolo che oggi guida don Maurizio Patriciello e l’auditorium «Caivano Arte». Quest’ultimo praticamente attaccato al Delphinia tanto da subirne la triste sorte: abbandonato e vandalizzato. Lo Stato con i fondi della legge 219, quella della Ricostruzione post sisma, investe nel giro di 5 anni, per tutto il comprensorio, una cifra che si aggirerebbe sui 400 miliardi di vecchie lire. Il progetto sulla carta prevede come non solo Caivano ma anche i nuovi residenti (che vengono per maggior parte dal centro storico di Napoli) possano godere di servizi sportivi. Niente. Perché gli sfollati napoletani arrivano sì nel giro di 5 anni ma l’uso della struttura sportiva gli verrà negata per altri tre lustri. Il Delphinia, infatti, viene completato ma resta inutilizzato sino al ‘99 quando sarà assegnato a una società privata che lo ha diretto fino al 2018. «Riuscimmo a inaugurarlo solamente nel 1999 dopo la fine di una lunghissima battaglia tra due cordate di privati per la gestione. Lo ricordo bene perché allora ero assessore», ricorda oggi Enzo Falco, diventato poi sindaco di una coalizione di centrosinistra nel settembre del 2020, interrompendo un lungo periodo di commissariamento, durato circa 2 anni, seguito allo scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Sino a fine luglio quando viene meno la maggioranza che lo sosteneva. L’amministrazione di Caivano, infatti, dal 4 agosto scorso è retta dal prefetto in quiescenza Gianfranco Tomao

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«Appena mi sono insediato ci siamo posti il problema di come riqualificare la struttura ormai chiusa e completamente vandalizzata», continua Falco. A dare il colpo finale alla struttura è la morte nel marzo del 2018 di un diciassettenne che ha un malore mentre si allena. Poi, subito dopo, si chiude il contratto tra il Comune e la società che la gestisce. Ed è allora che la struttura, senza più un custode, inizia a diventare mercé di vandali e malviventi. Così, dopo qualche mese, l’auditorium da 700 posti che aveva garantito laboratori per i ragazzi e una programmazione di tutto rispetto. Tutto finito nell’oblio e nell’incuria con don Patriciello che denuncia tutto per mesi e mesi. Chiamando Striscia la Notizia e facendo appello sui suoi social. Niente. «Per il centro sportivo era stato redatto - conclude l’ex sindaco Falco - un project financing dai commissari prefettizi. La ditta aveva chiesto un diritto di superficie a garanzia di investimenti che da 2,5 milioni era passati a 7 milioni. Avevamo chiesto un parere legale e la vicenda doveva approdare in consiglio comunale: l’intenzione era rimettere in piedi quel luogo. Poi è sopravvenuto lo scioglimento». 

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