Caivano: «Un esercito di assenti, io preside di frontiera vado a prenderli a casa»

La dirigente scolastica dell'istituto Morano: non bastano i controlli, serve l'istruzione

La preside Carfora
La preside Carfora
Maria Chiara Aulisiodi Maria Chiara Aulisio
Martedì 9 Gennaio 2024, 07:53 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 20:06
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L'hanno definita la "preside coraggio". Entra nelle case del parco Verde di Caivano a cercare gli "studenti fantasma", quelli che per settimane disertano le lezioni senza alcuna ragione. Va a prenderli uno a uno, li butta giù dal letto e li porta in classe, spesso contro la volontà dei genitori che tra scuola e lavoro non hanno dubbi: «Vai a fatica'». Il problema è la natura della "fatica" quasi sempre illegale: spaccio, scippi e rapine pure a dieci anni. «Dove comandano le mafie, dove le piazze di spaccio regolano la vita delle famiglie vi assicuro che ogni minuto passato a scuola è un minuto sottratto ai cattivi esempi e ai ricatti dei boss». Eugenia Carfora da 16 anni in prima linea da dirigente scolastico, da dieci è alla guida dell'istituto Francesco Morano di Caivano, scuola simbolo del riscatto e della legalità, dove Giorgia Meloni volle andare dopo la notizia dello stupro delle due cuginette prese di mira da un branco di minori.

A Caivano si spara di nuovo. Un giovane di 26 anni è stato ferito a una gamba da un colpo d'arma da fuoco.
«L'ho appena saputo e me ne rammarico: facciamo tanto ma qui sembra non bastare mai.

Sono a scuola dalle 7, sapete che cosa sto facendo? Conto le assenze. Il ritorno dalle vacanze è sempre faticoso, li perdi di vista solo qualche giorno e rischi di vanificare il lavoro di mesi».

Quanti assenti ieri?
«75 studenti, un esercito. Hanno l'influenza, così dicono».

Secondo lei non è vero?
«Qualcuno certamente è malato, ci mancherebbe, 75 mi sembrano un po' troppi. Potete stare tranquilli che li chiamo tutti, sono già al telefono».

Va a prenderli a casa uno per uno?
«Certo. Quando le assenze sono prolungate mi presento. Inutile perdere tempo. Se li trovo che stanno dormendo li sveglio. La scuola qui più che altrove è fondamentale. Se fosse per me la terrei aperta anche di notte».

Come è cambiata Caivano da quando è entrata nell'agenda del Governo?
«È chiaro che questa presenza forte e continua sul territorio da parte dello Stato fa bene a tutti. Ci stanno anche dimostrando che non si tratta di visite spot ma di un progetto a lungo termine. Va detto però che Caivano - come tutte le altre periferie italiane - non ha bisogno solo di assistenza - e men che meno di compassione - ma piuttosto di essere scelta e valorizzata per far riemergere quella bellezza, e quella dignità, che pure c'erano».

Il modello Caivano non può bastare, insomma.
«Non dico questo. L'impegno costante del governo Meloni è molto importante in questa fase eccezionale per mettere in evidenza ciò che non funziona e porvi rimedio purché, attenzione, non rappresenti un traguardo. Il fiato sul collo delle istituzioni non deve trasformarsi nel tempo in assistenzialismo».

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Qual è il pericolo che intravede?
«Quello di passare da una dipendenza all'altra».

Dall'illegalità alla legalità?
«Dai clan alla politica per intenderci. È molto diverso, sia ben chiaro, ma non va bene lo stesso. Questa gente deve finalmente imparare a camminare sulle proprie gambe, basta dipendere sempre dagli altri: non è giusto e soprattutto non può durare in eterno».

Da qui l'importanza della scuola.
«Il primo passo per la rinascita se davvero vogliamo crederci. Per troppo tempo le periferie sono state dimenticate e non parlo solo di Caivano. Chi ha creato il buio va messo da parte, questo è il momento della responsabilità e della rigenerazione e i giovani sono l'unico vero punto di forza».

L'istruzione prima di tutto affidata a insegnanti di qualità. Purtroppo nelle periferie sono in pochi a volerci lavorare.
«Lo so ed è motivo di profondo dolore. I miei colleghi non sanno ciò che perdono. Vi assicuro che questi ragazzi presi nel modo giusto sono in grado di regalare grandi soddisfazioni ma bisogna metterci il cuore altrimenti non andiamo da nessuna parte».

Recentemente ha dichiarato che i docenti sono una categoria "bistrattata".
«L'ho detto e lo ripeto. L'insegnante è l'unica categoria che può permettere al nostro Paese di crescere. Per quel che mi riguarda dovrebbe cambiare anche il metodo di reclutamento dei professori: serve più formazione insieme con una indispensabile valorizzazione economica. Solo un docente appassionato, autorevole e motivato può catturare i ragazzi che vivono in luoghi difficili come questo per dirottarli verso la legalità».

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