Clochard ucciso a Pomigliano, i due minorenni subito trasferiti in carcere

Entrambi avrebbero appreso della morta di Frederick solo molte ore dopo attraverso i social

La fiaccolata silenziosa per Frederick Akwasi Adofo
La fiaccolata silenziosa per Frederick Akwasi Adofo
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Sabato 24 Giugno 2023, 07:00 - Ultimo agg. 25 Giugno, 09:22
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Dunque, il giudice non ha creduto alla loro versione. E ha firmato una misura cautelare, gli arresti in carcere per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà. Quindi: le parole raccontate ieri mattina, nel corso dell'interrogatorio di convalida del fermo sono state ritenute poco credibili, magari semplicemente strumentali ad evitare il peggio. Ad alleviare la loro posizione.

Quanto basta a spingere il gip del Tribunale dei Minori a disporre gli arresti in carcere per i due sedicenni ritenuti responsabili dell'omicidio di Frederick Akwasi Adofo, il ghanese 40enne massacrato di botte domenica notte a Pomigliano d'Arco. Non ha dubbi il gip: omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai motivi futili e abbietti. 

Ma in cosa consisteva il racconto dei due malviventi? Semplice: entrambi hanno risposto alle domande, provando a sminuire la portata delle loro azioni: «Sì, d'accordo, l'ho picchiato, c'è stata una aggressione da parte mia - hanno detto nei rispettivi interrogatori - ma ho agito dopo essere stato provocato, al termine di un litigio ingaggiato alcuni minuti prima di venire alle mani».

E non è tutto. Altro punto su cui i due indagati hanno insistito riguarda le condizioni di salute dell'uomo tramortito di botte. Secondo quanto messo a verbale dai due minori, «era vigile e in movimento»; quindi in condizioni «di coscienza e in possesso della propria facoltà di agire». Entrambi dunque avrebbero appreso della morta di Frederick solo molte ore più tardi, magari (anche se non è stato esplicitato) attraverso i canali social su cui erano sempre particolarmente attivi. 

Una ricostruzione, quella legata alle condizioni del cittadino ghanese lasciato «vigile e in movimento» che sembra verosimile, anche alla luce delle immagini raccolte dai carabinieri, che attestano il tentativo - dopo il pestaggio - del 40enne di trovare un rifugio sicuro per evitare di subire un'altra rappresaglia violenta.
Niente sconti dunque nei confronti dei due sedicenni. Difesi dai penalisti Eduardo Izzo e Umberto De Filippo, i due sedicenni sono stati trasferiti in cella. Ma chi sono i due assassini di Frederick? E su cosa fa leva l'inchiesta che li vede in cella? Uno è nato a Napoli, non va a scuola, è figlio di due napoletani incensurati, mai segnalati da un punto di vista penale; l'altro è figlio di due romeni integrati nell'antico comune operaio vesuviano, formazione scolastica interrotta da tempo, appare più schivo del complice quanto all'uso-abuso di TikTok. 

Sono finiti in cella g»razie alle indagini dei carabinieri del comando di Castello di Cisterna e del comando provinciale di Napoli, che fanno leva sulle immagini recuperate dal circuito di videosorveglianza privata nella zona in cui è avvenuto il pestaggio. Siamo nei pressi di via Principe di Piemonte, domenica notte, quando si consuma un esercizio di violenza gratuito nei confronti di una persona che gli stessi pm definiscono «mite e buona». È grazie alle immagini che è stato possibile immortalare un episodio che - dall'esterno - attribuisce un contenuto spregevole all'intera azione da arancia meccanica: è il momento in cui i due sedicenni si avvicinano a Frederick per salutarlo; gli danno il cinque, gli offrono il palmo della mano per un gesto che in tutto il mondo evoca amicizia e cordialità. Un «inganno", per dirla con il pm Raffaella Tedesco, magistrato in forza alla Procura guidata da Maria De Luzenberger, una sorta di trappola. A questo punto, dopo aver simulato il saluto, scatta la violenza: colpi al volto e alla testa. Qualche attimo di pausa e una seconda scarica di violenza, che va avanti - timer della telecamera alla mano - per altri quindici secondi, al termine dei quali il 40enne cade a terra sfinito. Un punto sul quale uno dei due indagati ha provato a dare una giustificazione ritenuta dal giudice poco credibile: «Sì, è vero, ho provato a salutarlo, gli ho dato il cinque e lui ha risposto, l'ho fatto non per ingannarlo ma solo perché credevo che si fosse chiarito il motivo del litigio iniziale. Poi ho visto il mio amico assalirlo e prenderlo a schiaffi e pugni ed è partita l'aggressione». Bugia - secondo il giudice - ricostruzione non veritiera proprio alla luce dei video finiti agli atti, che non lascerebbero spazio a dubbi rispetto alla storia dell'inganno. 

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Ma torniamo in via Principe di Piemonte, quando la furia immotivata dei due picchiatori si è esaurita: Frederick, persona mite e benvoluta da tutti, si alza e si va a nascondere tra alcune auto. Viene trovato morto intorno alle otto del mattino. Non chiede aiuto, non disturba i condòmini che spesso gli elargivano qualche spicciolo, forse perché «crede di non avere il diritto», come sottolineano gli inquirenti: lui, che dal Ghana alla Libia, aveva sfidato genocidi e epurazioni etniche, si è accasciato sull'asfalto, alzando lo sguardo verso la luna: magari sperando che l'ultimo incubo facesse in fretta a svanire. 

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