«La mia terra occupata dai rom a Giugliano, ma sono io sotto accusa»

«Ho ricevuto l’ordine di bonificare a mie spese o mi espropriano 75 ettari»

Il prefetto Michele di Bari nel campo Rom di Giugliano allestito abusivamente sui suoli di proprietà di Francesco Micillo (nel riquadro)
Il prefetto Michele di Bari nel campo Rom di Giugliano allestito abusivamente sui suoli di proprietà di Francesco Micillo (nel riquadro)
di Francesco Vastarella
Domenica 28 Aprile 2024, 07:17 - Ultimo agg. 18:25
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In settimana Francesco Micillo ha ricevuto la solidarietà del prefetto Michele di Bari e venerdì dal ministro Matteo Piantedosi. Ha dell’incredibile la vicenda dell’imprenditore agricolo. Cinque anni fa il suo fondo fu occupato dai Rom in località Carrafiello a Giugliano, prima un piccolo gruppo, poi un accampamento di due ettari arrivati a cinque se si contano gli spazi trasformati in discarica. Un’azienda agricola stravolta, i capannoni di lavorazione saccheggiati e poi devastati, l’impianto di irrigazione scomparso. Non bastasse tutto questo. A gennaio è deceduta una bimba Rom folgarata dal filo di un alloccio abusivo. E la vita di Francesco Micillo ha subito un colpo micidiale. Dal Comune gli è arrivata una diffida a bonificare i luoghi, a eliminare i danni dell’inquinamento, pena l’esproprio dell’intero latifondo di 75 ettari. Come se fosse lui il responsabile del campo che nessuno finora si era preoccupato di liberare. E, pensate un po’, il Comune di Giugliano gli ha notificato anche una richiesta di pagamento di imposta sui beni immobili da 80 mila euro tra suoli agricoli e strutture dell’azienda.

Impallidì il prefetto Michele di Bari a gennaio quando visitò il campo dopo la tragedia della piccola rom: condizioni e immondizia inaccettabili.

In quel momento il prefetto non conosceva i retroscena burocratico-giudiziari del campo portati alla ribalta anche dalla trasmissione Quarta Repubblica di Mediaset. Allora, provate a immaginare lo choc, la frustrazione, il senso di impotenza che Francesco Micillo vive da cinque anni: sfrattato dal suo fondo, espropriato, minacciato e allontanato bastoni alla mano quando va a vedere le cose come stanno.

Il racconto

«Mi sento stordito, confuso - dice -. La mia salute ne ha risentito tanto. Ho dovuto reclutare una equipe di avvocati per difendermi. Non so come andrà a finire, nonostante la solidarietà e la comprensione ricevuta dal prefetto e dal ministro. Martedì c’è un altro incontro. Non sarà facile nonostante le buone intenzioni».

I luoghi

Località Carrafiello di Giugliano, un tempo cuore del cuore della Terra Felix, qualche chilometro dal mare, dagli scavi di Liternum, dal lago Patria. La frutta che si produceva era un incanto per il palato.

«Intorno al 1998 liquidai i vecchi affittuari - rievoca Francesco Micillo - e impiantai una azienda agricola all’avanguardia. Avevo contratti con colossi come Findus e Orogel. Producevo ortaggi di prima qualità. La mia tenuta era terra protetta e sicura. Fino al 2010, quando esplose il dramma della Terra dei Fuochi e i miei contratti non furono rinnovati. Non mi arresi. Rilanciai le produzioni con un accordo con una impresa agricola. Poi, il colpo finale nel 2019, l’occupazione dei rom. Ricordo quel giorno».

A questo punto Micillo si interrompe. Per lui un’altalena di emozioni e di rabbia accumulata in tante notti insonni. «Ero in macchina con mia moglie il giorno che i nomadi occuparono il terreno fertile. Vedemmo arrivare anche dei bambini, ci emozionammo. La stessa emozione e dolore dinanzi a quell’infanzia tradita che abbiamo provato il giorno della tragedia della piccola rom folgorata dal filo elettrico di un allaccio abusivo. Sa, mia moglie Elena è una discendente di Giovan Battista Basile, lo scrittore di Giugliano che le favole le ha inventate nel Seicento ed è ancora oggi imitato in tutto il mondo. Forse anche questo ha alimentato la nostra sensibilità».

Una sensibilità che non cancella il dolore e la rabbia. L’impresa agricola era un presidio antiscempi. La passione per la terra nel dna della famiglia. All’inizio del 1900 il nonno Pietro, notaio, rilevò il latifondo di Giugliano dalla duchessa di San Teodoro, stessa proprietaria del palazzo di piazza Vittoria a Napoli dove oggi abita Francesco con due fratelli e la sorella

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La famiglia

«La passione per l’agricoltura è qualcosa che si ha dentro - riprende Micillo -. Con mia moglie gestisco anche una tenuta in Toscana. Ho commissionato uno studio di ingegneria ambietale su quel che è successo nei miei terreni. Mi è costato parecchio, ma l’ho messo a disposizione. Chi si batte contro l’inquinamento, chi grida allo scempio della Terra dei Fuochi spesso dimentica l’importanza di coltivare, curare, tutelare le campagne. Ora lavoro ogni giorno con i miei tre avvocati, Roberto Bonanno, Giovanni Basile, Giuseppe Caruso. Mi hanno risollevato anche da un punto di vista psicologico. Con loro ho scoperto che c’era un procedimento penale a carico dei primi 59 occupanti e in cui ero coinvolto. Ora in Prefettura si parla di road map, di primi sgomberi. Mi auguro si faccia presto per garantire i diritti di un cittadino ma anche per proteggere un terreno avvelenato da tonnellate di rifiuti e da uno sporco commercio che intorno ad essi si consuma, a danno della salute dei bambini rom».

(ha collaborato Maria Rosaria Ferrara)
 

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